di
Elisa Magrì
26-03-2012
Cosa accomuna Stuttgart 21, il costoso e notevole progetto di riconversione della stazione ferroviaria centrale di Stoccarda, e la Tav in Val di Susa? Non soltanto spese, danni all'ambiente e al patrimonio storico, ma anche una comune difficoltà di fondo a far valere le istanze della società civile contro le scelte decisionali dei governi.
Di buono nelle grandi opere europee c'è il fatto che saldano rapporti fra soggetti geograficamente distanti. I cittadini italiani contrari alla Tav, quelli che ancora in queste ore lottano per il riconoscimento dei loro diritti in Val di Susa, conoscono bene i tedeschi contrari a Stuttgart 21 (il progetto di ampliamento, ristrutturazione e riconversione della stazione ferroviaria di Stoccarda).
Sono stati gli stessi manifestanti anti Stuttgart 21 ad incoraggiare da lontano (o da vicino, unendosi di persona alle proteste NoTav) i resistenti piemontesi per via della somiglianza fra le due grandi opere. Non a caso sono entrambe faraoniche.
Stoccarda è la città principale del Baden-Württemberg e si trova in una valle ampiamente urbanizzata, attraversata da una fitta rete di binari. Negli anni Novanta viene presentato al pubblico un piano di ricostruzione e sostituzione degli attuali binari con nuove infrastrutture collocate nel sottosuolo con lo scopo di fare di Stoccarda il nuovo 'cuore d'Europa' con 57km di nuovi binari. Si tratta del più grande progetto di sviluppo dei trasporti in ambito europeo, che collegherà direttamente Stoccarda con il resto d'Europa, agganciandosi alla linea Parigi-Bratislava.
I costi sono faraonici (fra i 5 e i 6,5 miliardi, a fronte dei 4,1 originariamente preventivati) e i danni al territorio ingenti: a farne le spese saranno soprattutto gli alberi centenari dello Schlossgarten, destinati all'abbattimento, senza contare l'impatto ambientale delle gallerie sotterranee. Inoltre la stazione centrale di Stoccarda è una struttura di grande valore architettonico e storico (insignita del titolo di 'monumento culturale di particolare significato', in quanto opera dell'architetto Bonatz ed espressione dell'architettura della Scuola di Stoccarda), ma verrà alterata in modo significativo dal progetto.
Le proteste, a partire dal 2001, sono state numerose e regolari (si contavano a centinaia i manifestanti nelle piazze del lunedì), malgrado le repressioni, spesso violente, della polizia. Secondo alcuni osservatori le proteste anti Stuttgart 21 avrebbero influenzato l'elezione dei Verdi nel Land nella scorsa primavera e questa vittoria avrebbe alimentato false speranze per il referendum svoltosi a novembre 2011. Infatti, quando i cittadini del Land sono stati chiamati ad esprimere la propria posizione lo scorso novembre, la vittoria dei favorevoli a Stuttgart 21 ha imbarazzato i Verdi, i quali si sono giustificati adducendo come scusante l'elevata soglia del quorum.
Ora, quali conclusioni si possono trarre dal parallelo tra Stuttgart 21 e Tav Torino-Lione? Secondo Paolo Soldini, fra gli autori de La Eco, l'esito di Stuttgart 21 dovrebbe essere una lezione per la Val di Susa. Soldini ritiene che nel caso tedesco, a fronte di proteste non violente (ma nell'Ottobre 2010 centinaia di manifestanti sono rimasti feriti negli scontri con la polizia e dieci agenti hanno riportato lesioni nell'estate dello stesso anno), dell'appoggio da parte del partito di governo e di un'informazione di massa in linea di principio equidistante (ma questo è un parametro discutibile, che meriterebbe di essere approfondito), la sconfitta degli attivisti anti Stuttgart 21 dovrebbe annunciare una battuta d'arresto anche per i NoTav. Se infatti si considera che questi ultimi sono ulteriormente gravati da un governo ostile e da un'informazione di massa parziale, se non distorta, chi potrebbe dargli torto?
Eppure ci sono modi diversi di affrontare la questione. La tesi di Soldini si basa sull'assunto implicito che il referendum esprima la volontà della società civile, pertanto l'esito di Stuttgart 21 è, per dirla con le parole della Süddeutsche Zeitung, il segnale che la maggioranza la pensa diversamente dalla minoranza che manifesta in strada. In realtà il problema sta nel livello di partecipazione concretamente possibile oggi all'interno delle democrazie rappresentative.
Molti attivisti anti Stuttgart 21 hanno accusato i Verdi di aver invocato il referendum per sottrarsi, una volta eletti, alla promessa di bloccare la grande opera. Così come accaduto in Italia per la ripubblicizzazione dei servizi idrici e il nucleare, il referendum è invocato come risorsa estrema per governare i contrasti fra scelte decisionali del governo e contrarietà diffusa della comunità. Ma questo significa al tempo stesso che, di fronte ad un'opposizione evidente della società, gli strumenti della democrazia diretta (quale è il referendum) sono le sole possibilità rimaste ai cittadini per far sentire il proprio dissenso.
I luoghi del dibattito pubblico e del dialogo fra le parti, propri delle democrazie rappresentative, sono svuotati e ridotti a corpi morti di esercizio del potere decisionale, perciò la società civile è spinta di necessità a riappropriarsi, a sua volta, dei suoi mezzi di espressione. In altre parole l'assenza di dialogo fra governo e società civile si trasforma in uno scenario di lotta, dal quale possono difficilmente risultare vincitori o vinti, ma solo una sconfitta: quella della democrazia rappresentativa stessa.
Di conseguenza Stuttgart 21 è certamente di lezione al movimento NoTav, ma non nel senso auspicato da Soldini. L'esito negativo del referendum tedesco conferma semmai che è in corso una grave crisi della democrazia occidentale e che la via per risanare tale frattura passa attraverso la ricostruzione dei legami comunitari e territoriali, puntando a quella coesione di scopi e intenti di cui in questi anni la Val di Susa è stata, e continua ad essere, un notevole e coraggioso esempio.