di
Laura Pavesi
29-06-2011
In una lettera aperta Laura Pavesi ci parla degli "sventurati", questa nuova cittadinanza che "si riunisce in comitati e coordinamenti che si autodefiniscono spontanei, democratici, apolitici e apartitici. E scende in campo per rivendicare cose mai viste prima: la salubrità dell’aria che respira, del suolo che coltiva e dell’acqua che beve".
Cari lettori,
vorrei parlarvi di una categoria di nostri connazionali in continuo aumento: gli 'sventurati'. Chi sono costoro? È semplice: cittadini italiani che, per loro sfortuna, si ritrovano a vivere in aree destinate ad ospitare grandi infrastrutture - termovalorizzatori, gassificatori, centrali nucleari e tumorifici di ogni genere - ma che non hanno alcuna voce in capitolo nelle scelte che li riguardano tanto da vicino. Non solo: non riescono neppure a dialogare con chi si arroga il diritto di decidere del loro futuro e - soprattutto - del futuro dei loro figli.
Ed eccoci arrivati subito al punto. È proprio questa la molla che fa alzare la testa a tanti nostri connazionali senza alcuna distinzione di età, sesso, reddito, livello di istruzione, religione, simpatie politiche: il futuro delle prossime generazioni. Gli sventurati residenti a Vicenza, Messina, Val di Susa, Taranto, Potenza, Aprilia, Mogliano Veneto, Parma, Venezia, Cà del Bue, Belmonte Calabro, Caserta e in altre decine e decine di comuni italiani vogliono poter decidere in prima persona ed essere informati sul destino che li attende. E lo stesso desiderio di condivisione e conoscenza vale per i terremotati dell’Abruzzo e di tutte le comunità colpite da emergenze e catastrofi, naturali o meno.
Se vi guardate intorno con attenzione, vedrete che già da qualche anno si assiste ad un fenomeno senza precedenti nella storia della nostra 'seconda repubblica'. Tante persone che chiedono con forza cosa succede o sta per succedere nel proprio comune e che faticano ad ottenere risposte tempestive e trasparenti. Le risposte, anche quando sono esaurienti, arrivano solo dopo molto tempo e solo a seguito di lunghe giornate di protesta silenziosa, di presidi dignitosi e di cortei composti – ma, sempre, irremovibili. Nei casi meno fortunati, invece, le risposte sono fumose, infastidite e anche un po’ arroganti. Quasi che non fosse un diritto dei cittadini essere informati e poter scegliere il proprio futuro, ma un dovere dei 'bravi cittadini' accettare senza battere ciglio ogni decisione che i loro 'rappresentanti' prendono per il 'bene comune', cioè per il loro bene.
Questa nuova cittadinanza, tanto sventurata ed altrettanto 'ingrata', si riunisce in comitati e coordinamenti che si autodefiniscono spontanei, democratici, apolitici e apartitici. E scende in campo per rivendicare cose mai viste prima: la salubrità dell’aria che respira, del suolo che coltiva e dell’acqua che beve.
Una cittadinanza che esige di avere voce in capitolo nelle decisioni che riguardano il proprio territorio. Che pretende trasparenza e legalità nella gestione degli appalti e delle emergenze. Che cerca e trasmette informazioni, che chiede pareri ad esperti e ricercatori, che promuove incontri pubblici e che indice conferenze stampa. In poche parole, una cittadinanza che rivendica di poter decidere in prima persona del proprio futuro e impedire a pochi 'fortunati' di trarre profitto dalle sventure di molti.
Ma da chi è composta questa popolazione tanto ignorata e derisa, quanto attiva: facinorosi dei centri sociali, contestatori entrati in clandestinità, black blocks? Ebbene, questi cittadini italiani così anomali e così 'sovversivi' sfuggono (ahimè…) a qualsiasi tentativo di classificazione. Ogni singolo comitato pullula di gente pericolosissima: famiglie intere, molte persino con bambini piccoli in braccio alle mamme o seduti nei passeggini (che nascondano armi non convenzionali nei pannolini?). E poi ancora: anarchici pericolosissimi del calibro di pensionati, casalinghe, liberi professionisti, studenti, cassintegrati, insegnanti, diversamente abili, ricercatori, sindaci, anziani, artisti e sacerdoti (ebbene sì, non c’è più 'religione'…). Si tratta di civili 'armati' di informazioni scientifiche e di capacità di giudizio, che parlano una sola lingua in tutto lo stivale.
Parlano di diritto alla salute, di difesa delle risorse e delle vocazioni produttive del territorio, di energie rinnovabili e non inquinanti, di un modello economico e sociale nuovo, di mobilità sostenibile, di difesa dei beni ambientali e culturali, di legalità e giustizia, di trasparenza, di diritto all’informazione, di democrazia 'dal basso'. A questo punto, se l’informazione sta alla base della democrazia, allora non è vero che in un paese come l’Italia ormai è tutto perduto. Guardiamoci intorno con attenzione: la realtà quotidiana fotografa, al contrario, un cittadino informato che vaga per la penisola come un virus letale, che una volta inoculato distrugge l’intero organismo. Questi comitati spontanei di cittadini fanno nuovi 'adepti' ogni giorno e il loro numero è destinato ancora ad aumentare.
A ben guardare, cari amici, ho l’impressione che questi sventurati inizino a fare un po’ paura. Perché? Perché, oltre che informati, sono anche disubbidienti e cocciuti. Non scendono più a compromessi con nessuno, non sentono ragioni e dicono continuamente di no: no Tav, no Ponte, no Inceneritori, no Nuke, no Mafie, no Acqua Privatizzata, no Mose, no Dal Molin e chi più ne ha più ne metta… Che siano forse un unico, grande 'partito del no'? E, come se non bastasse, parlano solo ed esclusivamente di 'temi di sinistra': che siano tutti (ex) comunisti? Troppo facile. Troppo comodo. E se si trattasse, invece, di gente perbene e dotata di buonsenso? E se fossero, semplicemente, tante brave persone che chiedono di essere governate da altrettante brave persone?