Sono stati nominati presidente e direttore generale della Rai un ex vicedirettore della Banca d’Italia e un ex amministratore delegato della Wind. “La tecnica viene chiamata in soccorso e in sostituzione dell’etica – che è frutto dell’immaginazione - e agisce sospendendola proprio quando ce ne sarebbe più bisogno”.
Vengono nominati presidente e direttore generale della Rai un ex vicedirettore della Banca d’Italia e un ex amministratore delegato della Wind. Monti esprime compiacimento perché le scelte di gestione economica e quelle editoriali convivono ma separatamente, e questo – sostiene il premier - sarà di giovamento alla stabilità dell’azienda, e alla sua ‘tranquillità’. Dunque due esperti manager proveranno a risolvere il problema dei costi della più importante – almeno in quanto a pubblica responsabilità - televisione italiana.
La parte creativa, invece, non sarà soggetta a cambiamenti o a intrusioni ‘politiche’. Tutto continuerà come prima e come se la qualità o il tipo di programma che si mandano in onda fossero davvero separabili dai costi, gli sprechi, la corruzione. Come se costi, sprechi e corruzione non fossero legati alla mancanza di idee che li sostengono, alla mediocrità con cui si continua a copiare – male - quelle degli altri, alle improbabili figure editoriali che spesso ne hanno in carico la messa in opera, al deserto di sperimentazione e di impegno formativo delle risorse umane. Come se, insomma, la situazione si potesse davvero salvare riducendo la spesa.
La tesi che possa esistere una tecnica e poi la sua materia è malefica, cioè banale nella sua apparente semplicità, come quella che esistano la forma ‘e’ il contenuto, il dovere ‘e’ il piacere, l’anima ‘e’ il corpo. In alcuni momenti della storia del nostro Paese i tecnici sono apparsi come risolutori di problemi e salvacondotti per superare la crisi, anche se il loro intervento non conteneva alcuna idea a parte quella del risparmio, dei tagli, della restrizione: cioè nessuna idea.
Persino ‘tecnicamente’ risparmiare non è un buon affare, né una strategia evolutiva. Perché avanzino la specie, le imprese, gli esseri umani, è necessario un investimento: una perenne, appassionata, rigorosa attenzione alla loro crescita. E come non è educativo avvilire a forza di punizioni l’energia - al suo estremo dello spettro incontrollata e distruttiva - dei bambini, così non è fruttuoso affidare le sorti e il progresso di una struttura a chi crede che esistano regole ad essa estranee, che si possano applicare indipendentemente e a prescindere, senza la minima conoscenza, senza alcuna pratica, senza l’umile consuetudine che occorre per comprenderne ragioni e specifiche possibilità.
Le buone idee, cioè le idee che sono tali, sviluppano ed esprimono invenzioni utili, efficienti, ‘economicamente’ giuste, rispettose dei mezzi, delle situazioni, della memoria e del futuro, dell’ambiente che si propongono di portare alla luce. Il nostro Paese si vota da sempre e sempre più al fallimento perché non ha coraggio né lungimiranza, e dunque sottovaluta il potere costruttivo e produttivo delle idee.
La tecnica viene quindi chiamata in soccorso e in sostituzione dell’etica – che è frutto dell’immaginazione - e agisce sospendendola proprio quando ce ne sarebbe più bisogno: sull’orlo del vuoto in cui si rischia di precipitare continuamente. Non funzionerà nemmeno stavolta, come ogni volta. È la fiducia nell’intelligenza a salvare il salvabile, cioè la complessa forma insita ad ogni contenuto.
Commenti