di
Alessandra Profilio
23-10-2012
A distanza di tre anni e mezzo dal terremoto che ha sconvolto L'Aquila arrivano ora le prime condanne. Condannati a sei anni di carcere sono stati i membri della Commissione Grandi Rischi, riconosciuti colpevoli di omicidio colposo, disastro e lesioni gravi, per aver fornito rassicurazioni alla popolazione aquilana solo una settimana prima del sisma. È giusto che a pagare il prezzo più alto siano gli scienziati?
A distanza di tre anni e mezzo dal terremoto che ha sconvolto L'Aquila arrivano ora le prime condanne. A pagare il prezzo più alto non sono però gli amministratori che hanno permesso che la città arrivasse impreparata al sisma, né gli imprenditori d'assalto che davanti alle prime immagini della tragedia gioivano pregustando appetitosi appalti.
Processati e condannati ieri a sei anni di reclusione per omicidio colposo, interdizione perpetua dai pubblici uffici e maxi risarcimento per le parti civili sono stati i componenti della Commissione Grandi Rischi, in carica nel 2009, che avrebbero rassicurato gli aquilani circa l'improbabilità di una forte scossa sismica che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009.
La condanna è stata inflitta dal giudice unico Marco Billi. L'accusa aveva chiesto quattro anni per i sette imputati.
A pagare sono gli scienziati che il 31 marzo del 2009, 5 giorni prima della scossa che distrusse la città e provocò 309 morti, parteciparono alla riunione della Commissione Grandi Rischi, convocata appositamente dall'allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso per fare il punto della situazione e valutare le misure da mettere in atto in conseguenza dello sciame sismico che da giorni interessava la città.
Gli scienziati sono stati dichiarati colpevoli della morte di 29 persone e del ferimento di quattro. Per le altre vittime del sisma non era stato rilevato un nesso di causalità con le valutazioni della Grandi Rischi. È stata condannata come responsabile civile anche la Presidenza del Consiglio. Il Comune dell'Aquila, parte civile nel processo, dovrà essere risarcito.
La sentenza emessa ieri a L'Aquila ha scatenato reazioni non solo in Italia.
L’Union of Concerned Scientists statunitense riferisce in un comunicato:
“Dopo che l’Aquila è stata investita da terremoti di piccola intensità, gli scienziati hanno affermato che un sisma di grande potenza era improbabile ma possibile, sottolineando l’incertezza in questo campo.
[...] Immaginate se il governo accusasse di reati criminali il metereologo che non è stato in grado di prevedere l’esatta rotta di un tornado. O un epidemiologo per non aver previsto gli effetti pericolosi di un virus. O mettesse in carcere un biologo perché non è stato in grado di prevedere l’attacco di un orso. Gli scienziati devono avere il diritto di condividere ciò che sanno e ciò che non sanno senza la paura di essere giudicati criminalmente responsabili se le proprie previsioni non si avverano”.
“Se fossi stato io lì – ha commentato Shinichi Sakai, professore dell’ERI, l’Earthquake Research Institute di Tokyo - avrei detto le stesse cose perché non è possibile stabilire quando può verificarsi una forte scossa sismica”.
Profondo rammarico per la condanna agli scienziati è stato espresso in particolare dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) secondo cui la sentenza rischia di “compromettere il diritto/dovere degli scienziati di partecipare al dialogo pubblico tramite la comunicazione dei risultati delle proprie ricerche al di fuori delle sedi scientifiche, nel timore di subire una condanna penale”. “Quale scienziato vorrà esprimere la propria opinione sapendo di poter finire in carcere?”.
L'INGV sottolinea poi che, secondo quanto affermato dalla letteratura scientifica internazionale, allo stato attuale è impossibile prevedere in maniera deterministica un terremoto. “Di conseguenza, chiedere all’INGV di indicare come, quando e dove colpirà il prossimo terremoto non solo è inutile, ma è anche dannoso perché alimenta in modo ingiustificato le aspettative delle popolazioni interessate da una eventuale sequenza sismica in atto”.
Secondo l'INGV “l’unica efficace opera di mitigazione del rischio sismico è quella legata alla prevenzione, all’informazione e all’educazione della popolazione in cui istituzioni scientifiche, Protezione Civile e amministrazioni locali devono svolgere, in modo coordinato, ognuna il proprio ruolo”.
“L’opera di prevenzione – ribadisce l'INGV - deve passare necessariamente attraverso la riduzione della vulnerabilità degli edifici”.
Fermo restando che la responsabilità delle drammatiche conseguenze del terremoto non può non essere attribuita a coloro che dovevano occuparsi della prevenzione e della sicurezza degli edifici (le persone non sono morte perché sono rimaste in casa, ma perché la casa è crollata loro addosso) è importante non sottovalutare le motivazioni che hanno portato alla condanna.
Come sottolinea il Fatto Quotidiano, gli scienziati non sono stati condannati per non essere stati in grado di prevedere la catastrofe ma piuttosto perché i loro messaggi rasserenanti alla popolazione rientrerebbero in un'operazione politica e mediatica volta a tranquillizzare i cittadini.
A denunciare il condizionamento politico nelle dichiarazioni espresse dagli scienziati, in questo così come in altri casi, è anche Debora Billi in un post pubblicato oggi su Crisis.
"Ci sono scienziati - scrive l'autrice - che affermano che gli inceneritori sono innocui. Che è innocuo l'uranio impoverito. Che le centrali nucleari fanno bene. Che le antenne del Vaticano non causano leucemie".
“Sarebbe a questo punto davvero interessante che un giudice andasse a scoprire se quanto affermano sia frutto di loro serissime ricerche, oppure se siano stati imbeccati da politici e imprese che avevano bisogno dell'avallo della scienzaper fare i loro comodi sul territorio, a spese della salute pubblica”.
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