"Transumanza tour" è una musica che racconta un viaggio all’indietro, mentre tutto il resto del mondo sembra spingere avanti, in una folle corsa verso il nulla, verso parole come progresso, futuro, evoluzione. Parole che ormai hanno un sapore un po’ storto: il sapore delle cose che iniziano a non funzionare più, o che forse mai l’hanno fatto.
Metti tre musicisti in un'automobile. Un cantastorie, una chitarra e un violino: questo è il cuore del trio folk “Vito e le Orchestrine”, rispettivamente Arianna e Susanna. Tre persone con dubbi sul senso della vita, intesa come collettore di esperienze che dovrebbero, in teoria, portare da qualche parte, ma non si sa bene dove. La musica, in questo lungometraggio, diventa sottofondo ai mille silenzi e riflessioni dei protagonisti, a zonzo per l’Italia a caccia di storie diverse, di scelte di vita nuove, di tentativi di felicità semplici e, al contempo, alternativi.
"Transumanza tour" è anche la storia di un viaggio in contromano. Un percorso lento, un itinerario che più che andare verso un dove, ti spinge verso un come. È il racconto di un’esplorazione disobbediente, lontano dalle città, dalle relazioni umane basate sul denaro, da ritmi troppo veloci per il cuore, da sentieri e stili di vita che non soddisfano più.
Metti una strada, fra sterrati, colline, paesini arroccati, terreni abbandonati e quel sapore di “tempo sospeso nel tempo” che solo certi panorami bucolici sanno regalare. Metti sei tappe attraverso tutto lo stivale, da Maratea a Genova. Sei fattorie, sei storie di persone, sei esempi di vita fuori dalla zona di comfort, sei racconti diversi su cosa significhi davvero vivere in simbiosi con la natura.
A fare da filo conduttore, da sentiero reale di tutta la narrazione, la realtà del WWOOFing : un’associazione internazionale che nasce per collegare progetti rurali ovunque nel mondo con volontari in cerca di esperienze a stretto contatto con la natura, dando vita a opportunità di crescita e scambio culturale senza scopo di lucro. Non si tratta di lavoro, non si tratta di volontariato, né tantomeno di viaggio vacanza. WWOOF nasce come comunità globale che raduna persone accomunate dallo stesso desiderio: un ritorno alle origini, la salvaguardia dell’ecosistema, uno sviluppo di abitudini e stili di vita più ecosostenibili, lenti, sani e frugali.
Il documentario racconta con delicatezza poetica la vita del popolo del WWOOFing in Italia , senza entrare troppo nel dettaglio delle esperienze ma, piuttosto, cercando di esprimere il sentimento e la determinazione di chi crede con forza che il cambiamento della società debba partire sì dal basso, ma soprattutto da ciascuno di noi.
Da una parte abbiamo i WWOOFers, persone provenienti da ogni parte del mondo e desiderose di partecipare alla vita rurale di campagna, diventare temporaneamente membri delle famiglie che li ospitano e condividere competenze innovative e antichi saperi. Dall’altra gli host: persone che hanno deciso di vivere di agricoltura a vari livelli, riscoprendo uno stile di vita semplice e autentico, lontano dalla frenesia dei contesti più urbani.
L’interesse per questo mondo parallelo fa da motore trainante del lungometraggio, sin dalla decisione del regista, Valerio Gnesini , di raccontarne qualche dettaglio.
“Quando ho scoperto il WWOOF” racconta il regista “sono rimasto molto colpito dalla rete di contatti che questa associazione era stata capace di mettere su. Trovai straordinario il fatto che persino in Italia esistessero numerose fattorie aperte all’ospitalità verso, fondamentalmente, persone sconosciute, incontrate soltanto via email.”
Chi aderisce al WWOOFing, infatti, può comunicare con gli altri membri attraverso una lista di contatti online: si chiede e si offre ospitalità e coinvolgimento nelle attività quotidiane attraverso il portale, per poi incontrarsi di persona solo all’ultimo momento.
“Le vicende internazionali hanno portato la società di oggi a vivere in un clima di paura diffusa verso ciò che è sconosciuto, il che rende ancora più straordinario e incredibile questa propensione a ospitare ed essere ospitati” prosegue Gnesini. “Tutti i miei nonni, tra l’altro, sono contadini, e quindi mi piaceva l’idea di raccontare queste nuove forme di ruralità, anche e soprattutto dopo aver letto alcuni libri di Masanobu Fukuoka sull’agricoltura naturale. E le riflessioni che sono venute fuori sono state talmente tante che non basterebbero neanche dieci documentari per raccontarle tutte.”
"Transumanza tour" racconta questo universo parallelo attraverso gli incontri fra il trio folk Vito e le Orchestrine e i WWOOFers, il tutto accompagnato da dolci note musicali: sottili parole sparse e melodie popolare di denuncia e ribellione non violenta agli standard di una società ormai lontana, troppo lontana dall’umanità che la costituisce.
TRANSUMANZA AL CINEMA – LE DATE
INTERVISTA A CLAUDIO POZZI, PRESIDENTE DI WWOOF ITALIA