Il 13 aprile scorso la Commissione europea ha adottato un atto che mira a rafforzare il mercato unico attraverso l’individuazione di 12 aree di intervento. Tra queste 'azioni-leva' figura il fisco e in particolare una proposta di revisione della direttiva sulla fiscalità dell'energia che tenga conto non solo del contenuto energetico ma anche delle emissioni di CO2 generate.
Attualmente gli Stati membri fanno riferimento alla Direttiva sulla tassazione dell’energia adottata nel 2003, che ha introdotto per la prima volta un sistema di livelli minimi di tassazione per tutte le fonti di energia, compresi carbone, gas naturale ed elettricità, ed ha l'obiettivo di ridurre le distorsioni nella concorrenza tra i diversi paesi.
La normativa attuale tuttavia non contribuisce, anzi costituisce un ostacolo, al raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di contrasto al cambiamento climatico, perché determinando la tassazione con riferimento ai volumi (EUR/1000l), a prescindere dall’impatto che ciascun prodotto ha sull’ambiente e dal suo contenuto energetico, rende i combustibili fossili economicamente più vantaggiosi delle fonti rinnovabili che dovrebbero sostituirli.
Ottenere una certa quantità di energia ricorrendo alle fonti rinnovabili, che hanno "minor contenuto energetico", comporta infatti volumi superiori rispetto a quanto richiesto dai combustibili tradizionali e quindi una tassazione maggiore e una minore competitività sul mercato dell’energia.
La Commissione ha proposto allora di calcolare l’aliquota per i prodotti energetici sommando due componenti, le emissioni di CO2 generate e il contenuto di energia, così da stimolare il risparmio energetico e disincentivare, per il maggiore costo, il consumo dei prodotti maggiormente inquinanti, favorendo quelli a bassa emissione di gas ad effetto serra.
Nello specifico l’aliquota complessiva deriverebbe dalle emissioni per un valore di 20 euro per tonnellata di CO2 e dall’energia effettivamente generata dal prodotto, con valori, rispettivamente, di 9,6 EUR/GJ per i carburanti per motori e di 0,15 EUR/GJ per i combustibili per riscaldamento.
L’introduzione del criterio dell’impatto ambientale delle fonti energetiche come misura della loro tassazione potrebbe essere davvero dirimente e incidere sul senso comune, portando l’attenzione sul fatto che lo spreco di energia ha sì la conseguenza visibile di costi maggiorati, ma a causa del fatto che è prima di tutto un costo inutile inflitto all’ambiente.
La sostenibilità economica può costituire infatti un buon motivo per organizzare le modalità di produzione e consumo in maniera alternativa, ma non è necessariamente sufficiente. Per un’impresa che fa profitti, ad esempio, le voci di costo che si possono tagliare sono tante (a cominciare dal costo del lavoro); perché si scelga di intervenire sul risparmio energetico è necessario essere consapevoli anche dei costi indiretti, dalla qualità dell’aria alla salute dei lavoratori.
Allo stesso modo il fatto che la Commissione abbia previsto la possibilità per gli Stati membri di esentare interamente dalle imposte l'energia consumata dai nuclei familiari per il solo riscaldamento, significa che le tasse saranno invece applicate sul condizionamento, di cui si fa spesso abuso nelle abitazioni come in altri luoghi pubblici e di lavoro. È un inizio, ma ci aiuta a distinguere tra vere necessità e bisogni indotti.
Nella proposta di revisione è presente anche l’idea di superare la frammentazione delle politiche nazionali in materia di energia e contrasto al cambiamento climatico e di fornire un quadro europeo di riferimento per l’applicazione di una tassa sull'emissione di CO2.
Già alcuni Stati membri hanno introdotto sistemi di tassazione relativi alla CO2, ma il rischio è che differenti interpretazioni conducano ad una doppia tassazione, con eventuali distorsioni di concorrenza nel mercato unico. Inoltre, nel contesto europeo, dalla tassazione sulla CO2 sarebbe esclusa l’energia prodotta da fonti rinnovabili, attribuendole un vantaggio competitivo rispetto alle fonti convenzionali
La proposta dovrà ora essere sottoposta alla discussione e al voto del Parlamento europeo e del Consiglio; in caso di approvazione, il nuovo regime sarà introdotto gradualmente attraverso una serie di passaggi per giungere a completa applicazione nel 2023.