“Ogni giorno e non solo quando ci sono le elezioni, siamo chiamati a ‘votare’: nelle scelte che facciamo, nelle risposte che diamo, nell’attenzione che dedichiamo alle esigenze di un mondo che sensibilmente o drasticamente si trasforma. Turarsi il naso significa non essere in quel che si fa, togliersi il fiato, sperimentare una piccola morte”.
Nel 1976 Indro Montanelli suggerì agli elettori di ‘turarsi il naso’ e, andando a votare in una situazione politica in cui si rischiava il vantaggio e la conseguente vittoria del Partito Comunista, mettere una ics sul simbolo della Democrazia Cristiana. Non ci sono controprove perché gli italiani, già naturalmente predisposti alla sopportazione e spaventati dal cambiamento, seguirono quel consiglio. Ma chissà che le cose non potessero andare meglio se una volta di fronte alla scheda invece di turarsi il naso avessero fatto un bel respiro.
La logica rappresentata da quella frase è che, per non vedere gli escrementi lungo i marciapiedi del nostro incivile Paese, basti guardare altrove, in aria o verso l’orizzonte. Le cacche, invece, ci costringono a stare con gli occhi ben piantati a terra per evitare di finirci dentro, con la drammatica assurdità che uscire di casa non aggiunga poi molto all’esperienza se, invece di parlare con le persone, osservare il quartiere, constatare abitudini e annotare novità, bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi. È uno schifo, ma ignorarlo o tollerarlo non lo farà smettere.
E infatti, una volta passato il momento e liberate le narici, il cattivo odore di quella scelta è rimasto nell’aria per tutti questi anni: ci ha appestato le scuole, gli ospedali, gli uffici, i teatri e, ancora più gravemente, ci ha diseducati al potere delle idee, all’amore della diversità, all’aspettativa di competenza, alla fiducia che non esistano problemi irrisolvibili né destini inevitabili e che al peggio ci sia una fine.
Quel cattivo odore ha reso mefitiche le nostre città, inquinato il paesaggio, nauseato i giovani, disgustato chiunque tenti comportamenti alternativi e modi meno corrotti e corruttibili di agire. Ogni giorno e non solo quando ci sono le elezioni, siamo chiamati a ‘votare’: nelle scelte che facciamo, nelle risposte che diamo, nell’attenzione che dedichiamo alle esigenze di un mondo che sensibilmente o drasticamente si trasforma.
Turarsi il naso significa non essere in quel che si fa, togliersi il fiato, sperimentare una piccola morte. E se questo gesto diventa la scorciatoia più frequentata per eleggere il minore dei mali – in cui l’unico vantaggio del male minore è di essere almeno conosciuto - allora siamo morti per la maggior parte del tempo. Proviamo a respirare, quindi, stavolta e d’ora in poi. Cambiamo strada.