Pisa. United Colors of Commons, e poi arriva il sequestro
di
Andrea Degl'Innocenti
30-01-2013
Un gruppo di cittadini ed attivisti pisani si è ritrovato negli spazi occupati dell'ex Colorificio toscano, ora Municipio dei Beni Comuni, per discutere di economie locali, ambiente, transizione, diritti. Ma poco dopo la chiusura della tre giorni chiamata "United Colors of Commons" arriva la notizia che la multinazionale J-Colors ha depositato ai carabinieri la richiesta di sequestro dell’immobile con annesso sgombero.
AGGIORNAMENTO del 31 gennaio 2013
Dopo la chiusura della tre giorni che ha colorato Pisa arriva la notizia che il 23 gennaio, pochi giorni prima dell'inizio dell'evento, la multinazionale J-Colors ha depositato ai carabinieri la richiesta di sequestro dell’immobile con annesso sgombero. Leggi l'articolo su Comune.info
Sviluppare nuove forme di partecipazione e democrazia dal basso, i circuiti economici locali, garantire l’istruzione e la sanità pubbliche, il diritto alla casa, favorire l’integrazione degli immigrati, sviluppare una rete di trasporti urbani ecosostenibile. Se fosse il programma politico di un partito lo voterei ad occhi chiusi con la convinzione che se riuscisse a mettere in atto almeno una fra le tante soluzioni proposte non sarebbe un voto inutile.
Ma non è il programma di un partito, è qualcosa di meglio: si tratta di alcuni dei punti emersi dagli “United Colors of Commons”, un’assemblea di tre giorni tenutasi a Pisa, negli spazi dell’ex Colorificio toscano. Qui gruppi di cittadini si sono riuniti per decidere come attivarsi per il bene del proprio quartiere, della propria città e – perché no – anche del prorpio paese.
Tutto è iniziato mesi prima, con qualche decina di persone che ha deciso di dar vita al Municipio dei Beni Comuni, una sorta di comitato che aveva l’obiettivo di cercare uno spazio inutilizzato dove i cittadini potessero portare aventi la proprie politiche dal basso. Un luogo aggregativo, un centro culturale e sociale, un punto di partenza per cambiare le cose.
Il luogo era stato infine individuato nell’ex Colorificio toscano, un grande stabile acquistato anni prima dalla multinazionale J Colors, e lasciato abbandonato a partire dal 2008. Il 13 ottobre 2012, al termine di una manifestazione di oltre 400 partecipanti, l’ex colorificio era stato occupato e dichiarato casa del Municipio dei Beni Comuni.
Giusto il tempo di risistemare gli spazi, rendere il luogo fruibile ed ecco che il Municipio dei Beni Comuni propone la prima bellissima iniziativa: una tre giorni di assemblee aperte a tutti i cittadini in cui discutere di beni comuni, economie alternative, ambiente. In cui riprendere in mano il proprio destino, travolto dalla crisi e finito in mani sconosciute, gestito in luoghi sempre più estranei e lontani. Ecco a voi gli “United Colors of Commons”. Pisa: 25, 26, 27 gennaio 2013.
Ora immaginatevi questi cittadini e attivisti che discutono per tre giorni dei temi più disparati, da come gestire assieme lo spazio occupato, a come rilanciare le economie locali e solidali, a come garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini italiani e stranieri anche nei momenti di crisi. E alla fine delle discussioni ecco uscirne un documento condiviso che pone le basi delle lotte e rivendicazioni future. Lo trovate qui.
Innanzitutto si vuol trovare il modo di “far ripartire dal basso un nuovo modello di partecipazione sociale, politica e culturale” e di “porre il bene comune quale risposta alla crisi economica, politica, sociale e culturale”. Per questo motivo il Municipio si porrà come uno “ spazio comune capace di intercettare altri soggetti e istanze sociali”, ma anche come “spazio di sperimentazione sociale, economica e politica che ha come obiettivo di medio periodo l'aumento della partecipazione e della consapevolezza delle cittadine e dei cittadini rispetto a percorsi di contrasto delle diseguaglianze sociali ed alla mercificazione della natura, dei beni comuni e di uscita virtuosa dalla crisi”.
Fra le battaglie e le campagne che gli attivisti pisani si propongono i portare avanti, quella per i diritti dei migranti, per la costruzione di “percorsi altreconomici” e la costituzione di un “vero welfare capace di sostenere i bisogni delle persone e delle comunità”. Si parla anche di appoggiare la campagna di Banca Etica “Cambiamo la finanza per cambiare l'Italia: cinque domande ai politici su Tobin Tax, Paradisi Fiscali, Azionariato Popolare, Etica e Finanza, Basilea per il sociale”.
Sempre nel campo delle economie locali i primi passi pratici del gruppo saranno una campagna per promuovere la “filiera corta del denaro”, finalizzata a “mettere le banche virtuose del territorio in condizione di poter erogare credito a imprese e privati”, e “avviare un cammino verso la costituzione, con l'aiuto dell'esperienza di Mag Firenze, di una mutua autogestita sul territorio pisano, al fine di favorire l'accesso al microcredito da parte dei non bancabili”.
Il Primo maggio 2013 è prevista un’altra grande manifestazione. Le idee sono tante, le energie pure. Se c’è una cosa per cui si può essere grati alla crisi è ci ha fatto intendere, pur spesso in maniera dura e crudele, che non c’è nessuno ai piani alti disposto a spendere il proprio tempo per il bene dei cittadini, per tutelarne i diritti. Che dobbiamo muoverci noi se vogliamo cambiare qualcosa.