Riportiamo l'articolo comparso su Il Fatto Quotidiano a firma di Ludovica Jona.
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Prima l’attività di lobbying da parte delle aziende del farmaco per continuare a trattare separatamente con i singoli Stati, in negoziati segreti che non consentono a un Paese di conoscere il prezzo a cui gli altri compreranno futuri trattamenti e vaccini. E poi, quando la Commissione ha comunque nominato un team di negoziatori europei per il futuro vaccino, l’inserimento nel gruppo dell’ex capo della Federazione svedese delle industrie farmaceutiche, ancora socio di due aziende attive nel settore. Infine, la decisione di sollevare uno dei gruppi che forniranno il vaccino da parte della responsabilità per danni eventualmente causati da effetti avversi. E’ il racconto di come e cosa l’industria farmaceutica ha ottenuto dalle istituzioni europee nel corso dell’emergenza Covid 19, secondo documenti ottenuti dal Corporate Europe Observatory e rivelazioni di Reuters.
I verbali degli incontri tra commissari Ue e industria in aprile
“Vorremmo continuare a fornire questi nuovi trattamenti attraverso i canali abituali e non con un approvvigionamento congiunto”. Il 9 aprile, in una situazione di estrema emergenza per la carenza di farmaci e attrezzature sanitarie, con queste parole un rappresentante dell’Efpia, la lobby europea dell’industria farmaceutica, si rivolgeva al telefono alla commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides e al commissario al mercato interno Thierry Breton, chiedendo loro di non utilizzare procedure di acquisto congiunto, più trasparenti dei negoziati con i singoli Stati. Lo svelano verbali degli incontri tra i commissari e l’industria durante il picco dell’emergenza Covid 19, ottenuti dal Corporate Europe Observatory (Ceo) che in questi giorni ha pubblicato il dossier “Potere e profitto durante una pandemia – perché l’industria farmaceutica ha bisogno di maggiore controllo”.
“L’associazione rappresentativa di Big Pharma ha usato il suo potere per fare lobby contro un meccanismo (quello della negoziazione congiunta) disegnato per migliorare l’accesso e il prezzo equo dei trattamenti durante la pandemia”, sottolinea il rapporto. I “canali abituali” a cui il rappresentante dell’Efpia si riferisce – spiegano dall’osservatorio Ceo – “sono quelli dei negoziati segreti tenuti dall’industria con singoli Stati in cui nessun Paese conosce il prezzo a cui il prodotto è venduto altrove”, e quindi ha meno capacità negoziale.
In agosto nasce il team Ue. Dentro c’è l’ex capo della lobby farmaceutica svedese
Il dossier fa il punto su quanto l’industria ha ottenuto dalle istituzioni europee grazie all’emergenza Covid 19. Se è vero che – in agosto – un “Joint negotiation team”, ovvero un gruppo di negoziatori europei, è stato poi creato per la discussione dei contratti per i futuri vaccini, la Commissione tiene segreti i nomi dei suoi membri. Ad agosto il giornale belga Hln ha scoperto che uno di questi negoziatori è Richard Bergström, fino al 2016 il capo dell’Efpia svedese e tuttora titolare di interessi personali nell’industria farmaceutica. in quanto co-proprietario società (PharmaCCX e Hölzle, Buri & Partner Consulting) che forniscono servizi a Big Pharma. Sul sito della Commissione si garantisce che tutti i membri del Joint negotiation team sono stati nominati dai loro governi e che “hanno firmato una dichiarazione di assenza di conflitti di interesse”. Non si fa però alcun riferimento ad una valutazione indipendente sull’assenza di conflitti di interesse. Eppure, queste persone stanno negoziando condizioni che determineranno la spesa di milioni di euro per tutti i contribuenti europei.
Il contratto con AstraZeneca e la manleva sui danni da effetti avversi
Finora la Commissione ha firmato due contratti: uno con l’azienda Astra Zeneca, titolare del vaccino sviluppato a Oxford, da cui si è assicurata una fornitura di 300 milioni dosi (con un’opzione di ulteriori 100 milioni) da distribuire alla popolazione. Il prezzo pagato è – secondo quanto ha rivelato Reuters – 366 milioni di euro. Non si tratta di un anticipo per l’acquisto di dosi del futuro vaccino, bensì del costo della prenotazione. Se il vaccino funzionerà dovrà essere poi acquistato dagli Stati e se non funzionerà, la Commissione ha comunque pagato questa cifra ad Astra Zeneca per finanziare il suo sviluppo.
Come ha svelato sempre Reuters nei giorni scorsi, un accordo segreto tra la Commissione e l’azienda anglo-svedese ha stabilito che i governi europei pagheranno, entro certi limiti (non pubblici), al posto di Astra Zeneca per i danni eventualmente causati da effetti avversi del vaccino. Una condizione che costituisce un’eccezione alla legge europea: secondo la direttiva del 1985 sulla responsabilità dei prodotti (“liability directive”) solo l’azienda è responsabile di danni provocati da ciò che produce. Secondo un portavoce della Commissione, la condizione è stata ottenuta in cambio di uno sconto sul prezzo del vaccino di Astra Zeneca, fissato a 2,5 euro a dose. Mentre l’altro contratto firmato dalla Commissione per un vaccino anti-Covid 19, quello con Sanofi-GlaxoSmithKline, non prevede che gli Stati paghino per gli affetti avversi ma il prezzo per dose è più alto: 10 euro. Il gruppo di negoziatori della Commissione continua a trattare per conto di tutti i governi dell’Unione e oltre alla firma dei contratti con Astra Zeneca e Sanofi ha già concluso colloqui esplorativi con le società Johnson & Johnson, CureVac e Moderna.
Al palo l’iniziativa per condividere brevetti anti Covid
Intanto, mentre la “Coronavirus global response initiative” promossa dalla Commissione ha portato gli Stati e le organizzazioni aderenti a promettere 15,9 miliardi di euro per lo sviluppo di vaccini, trattamenti e sistemi di diagnostici contro il Covid-19, pochi governi sostengono il “Covid19 Technology Access pool”, iniziativa lanciata nell’ambito dell’Oms per condividere la proprietà intellettuale sulle tecnologie contro il coronavirus finanziate con fondi pubblici e garantirne l’accesso a tutti. Nonostante l’accesso globale ai trattamenti anti-Covid sia sulla bocca di tutti i leader, tra i governi dell’Unione Europea hanno finora aderito solo Belgio, Olanda e Lussemburgo.