di
Legambiente
15-04-2011
Malgrado la Liguria abbia già tre grandi centrali a carbone ed un elevato livello di emissioni di gas serra, la Tirreno Power sta progettando l'ampliamento della centrale di Vado Ligure. Legambiente commenta: "Proposta inaccettabile. Uscire definitivamente dal carbone, in Liguria e nel resto d’Italia".
Una proposta inaccettabile e addirittura offensiva per la Liguria. Per Legambiente, l’ampliamento della centrale a carbone di Vado Ligure prospettato dal direttore generale della Tirreno Power - che prevede il rifacimento integrale dei due vecchi gruppi a carbone da 330 megawatt ciascuno, come richiesto dalla giunta Burlando, e la costruzione di un nuovo gruppo da 460 megawatt, portando l’investimento sulla centrale a 1,4 miliardi di euro – non è una strada percorribile.
“La Liguria ha già tre grosse centrali a carbone e un livello elevato di emissioni di gas serra - commenta il presidente di Legambiente Liguria Stefano Sarti -. Non può certo permettersi di ampliare il proprio parco termoelettrico a carbone, incrementando ulteriormente la produzione di gas climalteranti invece di ottemperare agli accordi di riduzione presi in sede europea.
Per lo stesso motivo - prosegue Sarti – riteniamo sbagliata anche la decisione della giunta regionale, che apre la strada a un nuovo gruppo a carbone. I due gruppi esistenti non hanno ancora ottenuto l’Aia e questo è il problema vero. Sono fuori da tutti gli standard tecnologici europei, e andrebbero sostituiti con gruppi a metano, senza ampliare la produzione a carbone”.
Il carbone, propagandato come pulito ed economico, è, infatti, il combustibile fossile che produce più emissioni e rappresenta il maggiore pericolo che il nostro Paese ha di fronte se vuole raggiungere gli obiettivi previsti dall’Unione europea che impone all’Italia una riduzione vincolante del 5,2% rispetto al 1990 da raggiungere entro il 2020.
Legambiente ricorda che nel 2009 le 12 centrali a carbone attive in Italia, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122, risultando il settore industriale peggiore rispetto agli obblighi di riduzione previsti da Kyoto.
“Sul carbone in Italia si continua a millantare e a omettere tutti i problemi connessi al suo uso – aggiunge Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. È arrivato il momento di fermare la politica energetica autolesionistica del nostro Paese per rilanciare il sistema di produzione di energia, l’industria, i trasporti e l’edilizia, partendo dall’innovazione e dalle tecnologie pulite”.