di
Virginia Greco
20-10-2010
Vado Ligure, provincia di Savona. Nonostante l’opposizione di enti locali e cittadinanza, la Tirreno Power continua a portare avanti il progetto di ampliamento della centrale a carbone. Il via libera è arrivato di recente anche dal Ministero dell’Ambiente, ma comitati e associazioni non si arrendono difronte ai dati sconcertanti relativi ai danni che la centrale ha già comportato sull'ambiente e sulla popolazione.
A Vado Ligure, in provincia di Savona, è guerra tra la società civile (cittadinanza, Comuni, Regione, partiti, Ordine dei Medici e associazioni) e la direzione di Tirreno Power in merito al progetto di ampliamento della centrale a carbone ivi operante ormai da più di trent’anni.
Alla base dello scontro, oltre alla diffusa coscienza della pericolosità degli impianti che bruciano carbone, una serie di dati raccolti dall’associazione ambientalista savonese Moda, a cui per altro afferiscono vari medici dell’ordine locale. Una denuncia, firmata dal biologo Virginio Fadda e dallo pneumologo Agostino Torcello, presenta un bilancio stimato di costi e morti premature di cui la centrale sarebbe stata causa durante la sua attività.
Tale valutazione è stata effettuata paragonando la centrale di Vado Ligure a quella di Sempra Twin Oaks 3 in Texas (USA), procedimento giustificato dal fatto che esse presentano dati relativi alle emissioni del tutto analoghi.
Riferendosi a degli studi condotti su tale impianto dal Public Citizen’s Texas Office e dalla Sustainable Energy and Economic Development Coalition (SEED), i medici del Moda hanno potuto concludere che "per la centrale a carbone di Vado-Quiliano, dal 1978 al 2008, in 30 anni di funzionamento prevalentemente a carbone, si potrebbe stimare una mortalità prematura di circa 3380 morti". Quanto ai costi, poi, sempre in virtù del medesimo studio, si può ragionevolmente parlare di 36,5 milioni di euro all’anno per danni alla salute umana, alle coltivazioni e alle cose e 106 milioni per i cambiamenti climatici, per un totale di 142,5 milioni di euro annui.
Quali sono questi valori di emissioni, comuni tra i due impianti? La centrale Tirreno Power, nel suo assetto attuale, emette ogni anno nell’atmosfera circa 5 milioni di tonnellate di CO2, 5500 tonnellate di ossidi di zolfo (principalmente SO2) e 4000 di ossidi di azoto (NOx), nonché circa 6500 tonnellate di polveri sottili, sostanze che – come ormai ben noto - sono causa di cancro e svariate malattie cardiache e dell’apparato respiratorio.
Se poi il progetto di ampliamento fosse attuato, si arriverebbe a emissioni di 7,5 milioni di tonnellate annue di CO2 (ossia un aumento del 50%), 5900 t/a di SO2 (+7%) e 4500 t/a di NOx (+12,5%). Naturalmente a questi valori farebbe seguito un corrispettivo lievitare dei valori delle morti premature e dei costi, di cui sopra.
La Tirreno Power ha aggirato le accuse affermando che non è sostenibile un paragone con la suddetta centrale texana, in quanto ogni impianto opera in un contesto diverso. Nel frattempo, attraverso continue campagne pubblicitarie, cerca di ripulire l’immagine dell’azienda e arriva a sostenere di essere in possesso della tecnologia per un carbone pulito: cosa che evidentemente non esiste.
L’associazione Moda replica a sua volta che le stime sono state fatte sulla base dei parametri dell’Unione Europea (Commissione ExternE) di produzione media di emissioni negli ultimi anni; mentre per la mortalità il paragone con la centrale texana semmai induce ad una sottostima, in quanto la zona del Texas in cui l’impianto è collocato è molto meno densamente popolata della corrispettiva area del Savonese.
Senza dubbio un calcolo basato su un confronto di tal tipo consente di effettuare solo stime, ossia determinare valori non precisi, ma le cifre in ballo sono tali da richiedere una seria presa in considerazione a prescindere dal dettaglio.
Secondo il referente scientifico dell’Ordine dei Medici di Savona, nell’arco di tempo di attività della centrale, in tutta la provincia si è verificata un’incidenza di tumori e patologie vascolari notevolmente superiore alle medie nazionali (con valori crescenti via via che ci si avvicina al luogo ove risiede l’impianto). Le patologie prese in considerazione sono: tumore ai polmoni, alla vescica, alla laringe, infarto, emorragia celebrale, ictus ed altre meno comuni.
In accordo a vari studi riportati dall’associazione Moda, negli ultimi 16 anni in provincia di Savona sarebbero morte per tali malattie circa 2664 persone in più rispetto a quanto atteso sulla base dei tassi standardizzati di mortalità della regione. Il tumore maligno al polmone risulta colpire nell’area di Vado Ligure il 30% in più di uomini rispetto al resto della provincia. Le malattie ischemiche del cuore fanno registrare il 71,9% in più di casi tra la popolazione femminile della zona, rispetto alla media regionale.
Un’altra ricerca fornisce dati riguardo al periodo compreso tra il 1999 e il 2004, nel quale a Savona sarebbero morti per tumore 273 uomini all’anno ogni centomila abitanti, contro i 240 della media nazionale, con picchi a Quiliano (288 decessi) e Vado Ligure (327). Per le donne i valori sono ancora più discrepanti: 199 decessi nel Savonese contro i 140 di media nazionale; ben 212 annui a Vado.
Lo scorso mese di agosto un comitato composto da personalità della medicina, della politica e della cultura, insieme alle associazioni e ai Comuni della provincia savonese, stilò una lista di dieci domande (ben argomentate) rivolte all’ingegnere Carlo De Benedetti. L’editore del gruppo L’espresso-Repubblica è infatti il maggior azionista della Sorgenia, società che controlla la Tirreno Power.
Nel documento redatto da tale comitato, la società civile chiede a De Benedetti perché intenda proseguire nel progetto di ampliamento della centrale, nonostante l’opinione contraria dell’85-90% della cittadinanza savonese, dei partiti, della Regione, dei Comuni, delle Circoscrizioni, dell’Ordine dei Medici e di varie associazioni locali e in perfetta indifferenza nei confronti delle valutazioni di impatto ambientale, sociale e sulla salute umana dell’impianto.
L’aumento delle emissioni, oltre a causare un incremento della mortalità, inciderebbe negativamente sui cambiamenti climatici e porterebbe l’Italia ancora una volta a muoversi controcorrente rispetto agli accordi europei e mondiali per la riduzione di gas serra. "Il Governo italiano è già inadempiente e in disaccordo con gli impegni presi - denuncia Greenpeace - eppure continua ad autorizzare nuovi impianti a carbone, come la nuova centrale Enel a Civitavecchia e l’ampliamento di quella di Vado Ligure, che porteranno grossi profitti nelle casse degli amministratori, mentre saranno poi i cittadini italiani tutti a pagare le multe per il mancato adeguamento ai protocolli internazionali".
Il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha infatti firmato il decreto che recepisce la Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) per la Tirreno Power, cosicché la centrale potrà andare incontro al potenziamento, che prevede l’aggiunta di una nuova unità a carbone da 460 megawatt di potenza.
I comitati contrari alla centrale dichiarano, a tal proposito, che alla valutazione V.I.A. ministeriale si contrappone quella emessa dalla Regione Liguria, che esprime giudizio negativo.
Per altro i gruppi già esistenti 3 e 4 della centrale risultano non allineati alle norme regionali, nazionali e dell’Unione Europea. Gli enti locali savonesi già nel 2007 si espressero riguardo all’opportunità di mantenere in vita la centrale, votando per una completa metanizzazione degli impianti. Ma queste richieste sono state del tutto ignorate dai vertici dell’azienda.
Anche gli ammodernamenti che dovrebbero essere fatti contestualmente all’espansione della struttura, non sarebbero sufficienti a garantire una decisiva riduzione delle emissioni. Infatti le tecnologie più avanzate (che comunque non permettono di parlare di 'carbone pulito', perché la combustione del carbone, come quella del petrolio, produce sempre immancabilmente sostanze di scarto inquinanti emesse nell’ambiente) saranno adoperate solo nella nuova unità, non invece nella ristrutturazione di quelle pre-esistenti (perché un’operazione di tal tipo sarebbe troppo costosa).
Ulteriore ipotesi allarmante: secondo quanto riportato nel documento delle 'dieci domande scomode', ci sono ragioni per credere che la Tirreno Power voglia utilizzare i gruppi a carbone anche per bruciare rifiuti, ossia impiegare la centrale come inceneritore. Anche in tal caso le emissioni di gas serra, polveri sottili, metalli pesanti e diossine raggiungerebbero valori inaccettabili.
La Tirreno Power a tutt’oggi non ha fornito spiegazioni, bensì solo una dichiarazione priva di senso: "Non abbiamo risposto alle domande perché sono domande a cui non è possibile rispondere".
Perché non si può rispondere a quei dieci quesiti?Forse perché le argomentazioni del comitato sono inattaccabili? Forse perché, di fronte all’evidenza del torto, ci si può solo nascondere dietro a deboli dichiarazioni, invece che accettare un confronto diretto con istituzioni e società civile?
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