Accadde che una miniera di proprietà della Società Mineraria Campiano, poi confluita in Sindyal (Eni), e che era da tempo in disuso (1995), si riempì di acqua proveniente con molta probabilità dalle gallerie di un’altra miniera adiacente, la miniera Merse. I chilometri di meandri della miniera di Campiano si saturarono perciò di acque che, tra l’altro, erano state ulteriormente contaminate dalle oltre 60 000 tonnellate di ceneri di pirite che erano state stoccate “in sicurezza” nelle viscere della terra. Una volta salite di livello, le acque ormai acidificate (pH intorno a 4, ovvero in grado di uccidere la gran parte delle forme di vita del fiume) e ricche di arsenico e metalli pesanti, si riversarono nel torrente Ribudelli, che è un affluente del Merse. Il fiume si colorò di rosso e ogni forma di vita acquatica animale fu sterminata per un ampio tratto. Da quell’evento si è tentato di rimediare al disastro, depurando le acque di miniera attraverso complessi e costosi sistemi di abbattimento degli inquinanti. Si è però profilato all’orizzonte un grande cambiamento per tutta l’area. Un cambiamento previsto in un progetto di enorme portata e dal costo di circa 30 milioni di euro. Un progetto che apparentemente mette la parola fine a questo lungo calvario che ha coinvolto la Val di Merse e le sue comunità, ma che ha destato forte preoccupazione e mobilitazione tra i sindaci e i comitati. Si tratta infatti di un’opera delicatissima su cui intervenire e che potrebbe creare imprevisti e conseguenze terribili (come già avvenuto in passato). Tanto più che il fiume sembra aver recuperato gran parte del livello di naturalità. Lo afferma il docente e ricercatore dell’Università di Siena Sandro Piazzini, che ha effettuato dei rilievi e degli studi sul fiume e sulla sua fauna nel corso degli anni, riscontrando un miglioramento notevole della qualità delle acque. Rilievi analoghi sono stati effettuati anche dall’Arpat, ovvero l’ente regionale per la protezione ambientale, e tali studi hanno confermato i dati del dottor Piazzini.
I comitati cittadini e le istituzioni hanno organizzato perciò un incontro pubblico lo scorso 23 ottobre per analizzare il corpo fondamentale del progetto. Per la Regione e a favore di tale opera di bonifica vi era il dottor Biamonte, responsabile organizzativo degli interventi di bonifica; erano presenti inoltre i sindaci, i responsabili dei comitati, il dottor Piazzini e il dottor Greppi dell’ Università di Siena
Durante il convegno, a tratti teso soprattutto per l’atteggiamento aggressivo e provocatorio del rappresentante della Regione, dottor Biamonte, sono emersi diversi punti oscuri che preoccupano molto le comunità e le associazioni ambientaliste. Viene infatti illustrato come si vogliano rimuovere oltre 600 000 metri cubi di materiali pericolosi che si trovano sparpagliati in vari luoghi della miniera e stoccarne la gran parte ( circa 400 000 metri cubi ) in un’unica area, che si trova proprio vicino al fiume. Si spiega come si voglia “bonificare” il corso del torrente cementandolo per molte centinaia di metri e di come si voglia impedire la percolazione di acqua piovana responsabile, secondo i tecnici del progetto, della gran parte degli afflussi di acqua che poi traboccano nel Merse: si vogliono a questo scopo sbancare e impermeabilizzare 20 ettari di territorio.
Il WWF ha espresso molti dubbi e timori, come dichiara Tommaso Addabbo, presidente del WWF Siena: «Dai documenti che abbiamo consultato non è chiaro se il progetto di bonifica rispetti il principio di precauzione, e prenda quindi in considerazione possibili errori di valutazione o il mancato raggiungimento di alcuni obiettivi. Ad esempio, il progetto si concentra sulle acque di origine meteorica, considerando trascurabile il contributo delle acque di falda, sebbene l'Università di Siena non abbia escluso questa possibilità. Inoltre, le stesse opere di manutenzione previste comporteranno un periodico disturbo del Merse, con la pulizia dell'alveo, tagli di vegetazione, la rimozione del sedimento. Non è chiaro quali accorgimenti tecnici siano stati presi in considerazione per mitigare questi impatti, e quali siano le loro conseguenze, senza contare che non sono chiare le conseguenze della cementificazione dell’alveo sulla dinamica fluviale, sia a valle, sia a monte degli interventi».
Le preoccupazioni riguardano anche il futuro, in un'ottica di lungo periodo: «Non sappiamo se siano state fatte valutazioni in caso di eventi meteorici eccezionali, che con il progredire dei cambiamenti climatici sono molto più frequenti. A riguardo, basti pensare che centinaia di migliaia di metri cubi di sostanze nocive saranno movimentate e concentrate in aree non distanti dal fiume!».
Per Valeria Rugi, consigliere del WWF Siena, «con questo progetto è in gioco il futuro di un territorio vasto. Alla luce degli studi condotti dal dottor Piazzini, che hanno dimostrato il forte miglioramento raggiunto dall’ambiente fluviale con la depurazione in corso, non sarebbe opportuno valutare con più attenzione delle scelte tecniche prese quasi dieci anni fa quando il fiume era morto? Non sarebbe opportuno coinvolgere maggiormente i cittadini, dato che si tratta di un progetto importante che interessa un’area delicata e di grande interesse naturalistico e turistico?».
Il presidente del WWF Siena auspica che «che con i dubbi emersi già da questo primo incontro, la conferenza dei servizi convocata per approvare il progetto decida di rimandarne l'approvazione, per permettere l'approfondimento di questi aspetti a nostro giudizio essenziali. Come WWF ci impegneremo affinché la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei cittadini siano il primo obiettivo da raggiungere».