di
Giorgio Cattaneo
01-08-2013
La Procura di Torino ha accusato di “terrorismo” i No-Tav sotto inchiesta per i recenti assalti notturni al cantiere di Chiomonte. L’accusa è di “attentato per finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico”.
“Nessuno chiede impunità a prescindere, i reati commessi vanno perseguiti. Ma il rigore nelle contestazioni e il senso delle proporzioni sono parte integrante di un diritto penale garantista e coerente con la Costituzione: discostarsi da questa strada è un pericolo per tutti, anche per questo la val Susa è un caso nazionale”. Così Ugo Mattei, Alberto Lucarelli e l’ex magistrato Livio Pepino contestano l’escalation giudiziaria della Procura di Torino, che ha accusato di “terrorismo” i No-Tav sotto inchiesta per i recenti assalti notturni al cantiere di Chiomonte.
L’accusa è di “attentato per finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico” ai sensi dell’articolo 280 del codice penale, che prevede pene fino a vent’anni di carcere. “Un’intollerabile sproporzione tra eventuali reati e repressione”, protesta il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano. E se Rifondazione Comunista invoca un ricorso alla corte europea di giustizia, attraverso il parlamentare Ivan Della Valle il “Movimento 5 Stelle” preannuncia la richiesta dell’invio alla Procura di Torino degli ispettori ministeriali, “per verificare che gli inquirenti torinesi agiscano nel pieno rispetto della legalità”.
Secondo Alberto Perino, portavoce No-Tav, sono stati sequestrati anche i computer dei collaboratori del “legal team” No-Tav: “In questo modo l’accusa potrà mettere le mani nelle carte della difesa, e questo è semplicemente inaudito in uno Stato di diritto”. Frontale, sul “Manifesto”, l’attacco che Mattei, Lucarelli e Pepino rivolgono agli inquirenti coordinati da Gian Carlo Caselli: “Ancora una volta il movimento No-Tav è destinatario di attenzioni discutibili della Procura di Torino”, scrivono.
“C’eravamo abituati, fin dai tempi della campagna avviata nel gennaio del 2012 con la richiesta di misure cautelari per gli scontri del giugno-luglio precedente, finanche nei confronti di incensurati”. Oltre 50 arresti, scattati a sette mesi di distanza dai fatti contestati – lo sgombero della “Libera Repubblica della Maddalena”, a fine giugno 2011, e poi gli scontri del 3 luglio. “Negli ultimi mesi – continuano Mattei, Lucarelli e Pepino – è stato un crescendo di iniziative oltre ogni logica, in evidente parallelismo con il cambio di strategia delle 'forze dell’ordine'”.
Una strategia che, dopo la “già assai dura attività di contenimento degli attacchi al cantiere della Maddalena”, è passata “a una vera e propria guerra preventiva, con anticipazione dello scontro (sotto l’occhio vigile dei pubblici ministeri accorsi sul posto) prima ancora dell’avvicinamento dei manifestanti al cantiere”. Secondo i tre editorialisti, si tratta di “una prospettiva che ricorda in modo sinistro i metodi di Minority Report”.
Sul “Manifesto”, gli autori dell’intervento ricostruiscono l’escalation di quella che definiscono una vera e propria persecuzione contro la valle di Susa: prima il presidente di Pro Natura Piemonte, denunciato per “procurato allarme” dopo aver diffuso un documento-denuncia sulla mancata installazione di speciali protezioni di sicurezza nell’area che sovrasta il cantiere, notoriamente esposta al rischio di frane, e poi l’incriminazione per “false comunicazioni al pubblico ministero” a carico del responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Chiomonte, autore di un’ingiunzione di abbattimento delle reti di protezione del cantiere. Reti che, secondo Mattei, Lucarelli e Pepino, “non sono rappresentate su nessun elaborato progettuale: e quindi, sotto il profilo edilizio, sono abusive”.
Dopo la perquisizione nei confronti di quattro attivisti No-Tav indagati per “stalking” in relazione a minacce subite da un operaio di una ditta impegnata nei lavori, ora – con l’accusa addirittura di “terrorismo” – “si è realizzato un salto di livello di gravità inaudita”. Dodici le perquisizioni disposte per colpire presunti “terroristi”, accusati degli scontri del 10 luglio 2013 attorno al cantiere, sul quale sono piovuti fuochi d’artificio. Il reato di terrorismo, protestano Mattei, Lucarelli e Pepino, individua chi “attenta alla vita od alla incolumità di una persona”.
“E l’incredulità aumenta – aggiungono i tre – se si dà un semplice sguardo al contesto normativo e alla giurisprudenza della Cassazione”, che riconduce alla voce “terrorismo” soltanto quelle condotte che “possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale”, e che “sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale”.
Sempre per la Cassazione, “la nozione di 'eversione dell’ordine democratico' deve intendersi riferita all’ordinamento costituzionale, cioè a quei principi fondamentali che formano il nucleo intangibile destinato a contrassegnare la specie di organizzazione statale, secondo la Costituzione; di conseguenza, essa non può essere limitata al solo concetto di “azione politica violenta”, ma deve necessariamente identificarsi nel sovvertimento dell’assetto costituzionale esistente, ovvero nell’uso di ogni mezzo di lotta politica che tenda a rovesciare il sistema democratico previsto dalla Costituzione nella disarticolazione delle strutture dello Stato o, ancora, nella deviazione dai principi fondamentali che lo governano”. Davvero – chiosano Mattei, Lucarelli e Pepino – qualcuno “può seriamente pensare che gli 'attacchi' al cantiere della Maddalena abbiano qualcosa a che vedere con fattispecie e finalità siffatte?”.
Articolo tratto da LIBRE
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