di
Matteo Marini
12-03-2013
Riedificare una diga ed una centralina elettrica in disuso da vent'anni. Questo il progetto che si vuole portare avanti in Val Trebbia, all'altezza di S.Salvatore. Cittadini e ambientalisti protestano contro un'opera che considerano inutile.
Cosa provereste se, aprendo il giornale, scopriste che stanno per costruirvi una diga nel fiume che bagna la vostra terra? Così, da un giorno all’altro. Quasi sicuramente l’indignazione avrebbe la meglio su di voi e vi confermerebbe come si faccia sempre scempio dell’ambiente senza consultare i cittadini.
Quanto descritto è quello che è successo nella zona di Piacenza, in Val Trebbia all’altezza di S. Salvatore. I cittadini hanno appreso dai giornali che, a distanza di 5 anni dall’ultima volta, si sta ritentando di riedificare una diga ed una centralina idroelettrica, in disuso dagli anni venti, proprio in quella zona. Il progetto, a firma dell’ingegner Friburgo, prevede: uno sbarramento rialzato di 2 metri, lo sbancamento della montagna per far posto ad un edificio di 600 metri quadri, alto 27 metri. Il primo tassello incastrato è l’avvio della cosiddetta V.I.A. (valutazione impatto ambientale), gradino burocratico d’obbligo per poi proseguire.
Tra i sostenitori di quest’opera, c’è la Confindustria e il Consorzio di Bonifica agro-industriale.
Di fronte alle proteste dei cittadini che non vogliono veder depauperato il fiume, la risposta che viene fornita è che i vantaggi nel dare il proprio assenso alla nascita di questi impianti, saranno enormi in termini energetici e in termini economici sulle bollette della luce.
I comitati ambientalisti però, sottolineano come l’energia prodotta verrebbe immessa nella rete elettrica nazionale e l’importo della bolletta, quindi, non diminuirebbe affatto.
Oltre a Legambiente, ad opporsi a questa opera ci sono anche i pescatori, i canoisti e il gruppo No Tube che da anni si occupa di combattere i progetti di dighe o derivazioni sui fiumi piacentini.
Nel 2008, come raccontano anche i giornali di quegli anni, No Tube aveva ottenuto un voto unanime che impegnava la provincia di Piacenza a vietare costruzione di manufatti idroelettrici nel greto del fiume Trebbia e negli altri torrenti. Nel 2009 però ci sono le elezioni e cambia il colore della giunta, con l’arrivo del Pdl alla presidenza. In poco tempo viene emendato il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) togliendo il divieto per progetti di ricostruzione di manufatti storici. Un emendamento secondo molti fatto ad hoc per il manufatto di San Salvatore, l’unico abbandonato che si presta a questo tipo di intervento. I comitati chiedono non solo di fermare tutto ma anche di abbattere la struttura esistente.
“Questa opera”, racconta Gian Marco Aimi dalle colonne de Ilfattoquotidiano.it “non servirebbe nemmeno per soddisfare le richieste degli agricoltori della pianura, che durante i periodi di siccità estiva faticano a prelevare dal fiume l’acqua necessaria per le coltivazioni più dispendiose in termini idrici, come il granoturco.
Ogni anno gli agricoltori si scontrano con gli ambientalisti perché non viene rispettato il deflusso minimo vitale del fiume, che in pianura viene asciugato completamente. Proprio in questi giorni la Regione discuterà una ridefinizione degli accordi con Genova, che preleva da un importante affluente, il Brugneto, parte della sua acqua potabile”.
Per quale motivo si decide di proseguire, allora?
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