Poiché quest’anno in Italia centrale fino alla fine di gennaio l’inverno non c’è stato, la guerra chimica alla natura dell’agricoltore convenzionale, che di solito inizia in primavera, è cominciata già all'inizio dell'anno.
L’agricoltore convenzionale è quello che segue le regole e convenzioni a lui raccomandate, insegnate, propagandate dall’industria petrolchimica.
Il primo atto di guerra chimica dell’agricoltore convenzionale consiste nello spargere erbicidi, detti anche diserbanti, nei suoi campi. “Erbicida” vuol dire “che uccide l’erba”. Perché l’erba pare essere diventata, per la parte più “progredita” dell’umanità, uno degli acerrimi nemici, da combattere con qualsiasi arma. Ma non illudetevi che si limiti a uccidere solo quella: gli USA utilizzano i diserbanti come arma di guerra dai tempi del Vietnam. Hanno ucciso coi diserbanti migliaia di persone, in modo diretto o indiretto (cancri, leucemie, malformazioni eccetera). Contro l’agricoltore convenzionale possiamo fare poco, se rispetta le norme e le leggi che regolano l’uso dei fitoveleni. Ma qualcosa tuttavia sì: divulgare informazione sui danni da pesticidi, fare nei nostri comuni, se sono agricoli, convegni, conferenze, incontri rivolti ad agricoltori e popolazione. Ci sono ricerche scientifiche indipendenti anche in Italia, che dimostrano la nocività dei pesticidi, e ricercatori disponibili a tali incontri. Per trovarli potete provare a contattare per esempio Medicina Democratica, un'associazione di base per la difesa della salute che vanta vari medici e relatori tra i suoi aderenti (www.medicinademocratica.org). Possiamo poi denunciare quegli agricoltori che non rispettano le norme di uso dei diserbanti e, ultimo ma non meno importante, comperare e mangiare solo cibi biologici.
Ma c’è qualcuno che, come apprendiamo dai giornali sempre più spesso, le norme d’uso degli erbicidi le viola senza pensarci, fregandosene allegramente e palesemente di tali norme e della salute dei cittadini e dell’ambiente; le viola alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti: l’ANAS e alcune amministrazioni provinciali.
Anche loro fanno la guerra alle erbe sui lati delle strade e, siccome la guerra meccanica richiede più tempo e lavoro (cioè più salari pagati a operai), e siccome vige in Italia il sistema dei subappalti concessi a chi chiede meno soldi (e le ditte che chiedono meno sono quelle che sfruttano di più e lavorano peggio), ecco che la guerra diventa chimica.
Di solito iniziano a marzo, ma quest’anno si danno da fare già in gennaio
Dove sono le ASL? A controllare le galline ruspanti e i formaggi del pastore.
Le norme per l’uso degli erbicidi prevedono alcune elementari, minime precauzioni, che sono in totale e insanabile contrasto con lo spargerli lungo le pubbliche strade.
Allora forse contro questa pratica spandi veleni attuata da ANAS e pubbliche amministrazioni possiamo fare qualcosa di più. Approfittiamo delle leggi in vigore (prima che la grande industria le faccia cambiare a proprio vantaggio come è ormai d’uso) e chiediamo semplicemente che vengano rispettate.
Ci vuole un gruppo di persone che tengano all’ambiente e alla propria salute (può bastare un Gruppo di Acquisto Solidale); una lettera fatta magari con l’aiuto di un avvocato amico (uno di quelli che non pensa solo ad accumulare palanche), disposto nel caso a mettere in piedi un esposto o un’azione legale collettiva. Azione che si può condensare in una raccolta di firme in calce alla lettera, che ci permetterà di informare e sensibilizzare parenti, amici, vicini di casa, avventori del bar sotto casa, colleghi di lavoro, compagni di studi. La lettera va inviata alle amministrazioni comunali, provinciali, regionali e, naturalmente, alla sede regionale e nazionale dell’ANAS. Con la lettera far presente che persino le ditte produttrici degli erbicidi raccomandano: “Durante i trattamenti è necessario evitare che anche piccole quantità di prodotto raggiungano corsi d’acqua e fossi per scongiurare gravi contaminazioni e danni all’ambiente acquatico”!
Oppure: “Non trattare nei periodi di fioritura, per non distruggere gli impollinatori”.
Affermazioni come queste le fa nientemeno che una nota azienda produttrice di erbicidi come la Syngenta, mica io.
Inoltre le stesse ditte, oltre alle ASL ecc., raccomandano e impongono che il tempo di rientro, cioè l’intervallo di tempo che deve trascorrere dalla fine del trattamento al momento in cui si può entrare nel terreno trattato, sia di almeno 48 ore per qualsiasi pesticida. Almeno (!) 48 ore.
È evidente che irrorando coi diserbanti i bordi delle strade pubbliche, le quali non vengono per questo chiuse per quarantott’ore, si contravviene alla minima elementare precauzione di salvaguardia della salute umana. Lungo le strade pubbliche, statali o provinciali o comunali (perché c’è anche qualche comune italiano che ha avuto la bella idea), i bambini aspettano il pulmino scolastico, ragazzini e adulti il pullman di linea; poi c’è ancora chi lungo le strade ha l’antiquata abitudine di camminare; senza contare quei poveracci (sono milioni) che ci abitano, lungo le strade diserbate, e che uscendo di casa calpestano, assieme ai loro bambini e cani, il diserbante appena irrorato, e poi se lo portano dentro casa per continuare l’opera non più “erbicida”, forse “omicida”?
Perché la gente che abita, cammina, aspetta il pullman lungo le strade, a differenza dei lavoratori agricoli che spargono i pesticidi, non ha guanti, tute, scarponi da lavoro da lasciare nella rimessa o da ripulire dopo ogni trattamento, come raccomandano le ASL e persino la Syngenta.
Quanto alle leggi sui prodotti “fitosanitari”, termine asettico e menzognero per definire i veleni inquinanti, distruttori di ambiente, di equilibrio ecologico, di salute del suolo e dell’aria e dell’acqua, prodotti dall’industria agrochimica e diffusi sul globo terraqueo a milioni di tonnellate, in genere impongono:
- che il diserbante non venga irrorato a meno di dieci metri da corsi d’acqua e invasi (lungo le strade corrono i fossi di scolo delle acque, ci sono i tombini che convogliano acque di scolo, sotto le strade ci passano i fiumi e i torrenti e i ruscelli);
- che l’area trattata venga delimitata o segnalata con divieto di accesso (le strade statali!?);
- e, dulcis in fundo, che “le aree interessate ai trattamenti non devono trovarsi a meno di 10 metri da strade pubbliche”.
Dunque, diserbare con gli erbicidi i bordi delle strade è, a tutti gli effetti, illegale. Oltre che mentalmente insano, irresponsabile, sconsiderato, ecocida e gli altri epiteti metteteceli voi, perché non si possono scrivere su un giornale. Ne consegue il dovere, per chiunque tenga all’ambiente, di intervenire per far cessare questa pratica
In molti casi si è riusciti a “convincere” facilmente le amministrazioni provinciali, anche inviando la suddetta lettera con le firme ai giornali locali.
Siamo costretti anche questa volta a una battaglia “in difesa”.
Quando ero una ragazzina, chi mi insegnò a giocare a scacchi (che sono un gioco di simbolica guerra), mi fece notare che, per vincere, bisogna riuscire a essere all’attacco. In effetti, chi costringe l’avversario in difesa è automaticamente in vantaggio: chi si difende deve pensare e agire per non essere sopraffatto, non ha tempo e modo di pensare e organizzare una strategia.
Nella guerra all’ambiente, che vuol dire guerra al pianeta e a tutte le sue creature, portata avanti (in questo caso anche con l’aiuto dell’ANAS) dai matti pericolosi che dominano ormai il mondo, il movimento ambientalista, cioè i savi o pressoché tali, che il mondo e tutte le sue creature vorrebbero salvarli, sono negli ultimi anni quasi sempre in difesa. E cediamo terreno palmo a palmo.
Mi viene allora da domandarmi in che modo, per esempio, potremmo “attaccare” i Signori dell’Agrochimica e i loro succubi, e non solo cercare di difenderci scompostamente da essi. E una risposta, certamente parziale, non decisiva, ma del tipo “azione” e non solo “reazione”, e quindi importante, mi sembra di trovarla: comprando e mangiando solo cibi biologici (se proprio non ce la facciamo a consumare tutto tutto bio, almeno tutti i cibi di uso quotidiano). I prodotti di quegli agricoltori che sono ancora contadini, cioè abitanti e lavoratori rispettosi della terra, suoi custodi; combattenti spesso solitari di una battaglia che è per il bene comune, che preserva suolo, acque e tutte le creature che ci vivono; gente che va controcorrente e che fa fatica, ma che è la sola speranza di sopravvivenza dell’agricoltura.
E poi, meno importante ma importante, non comprando piante e fiori impestati che arrivano dal Kenia schiavizzato, non spruzzandoci addosso o vaporizzando nelle case prodotti chimico sintetici per ammazzare le zanzare, non mettendo insetticidi negli angoli di casa per far fuori le formiche, non usando il collare antipulci che emana pesticidi sul nostro cane e su nostro figlio che gioca con lui. I prodotti che vendono anche al supermercato come insetticidi sono altrettanto nocivi, hanno gli stessi principi attivi di quelli che gli “agricoltori convenzionali” spargono sui campi con qualche precauzione in più.
E convogliano anch’essi un flusso di denaro, e potere, nelle tasche dei matti pericolosi che dovremmo rendere innocui.
Piena splendeva la luna
quando presso l’altare si fermarono:
e le cretesi con armonia
sui piedi leggeri cominciarono
spensierate a girare attorno all’ara
sulla tenera erba appena nata.
(Saffo)
Il progresso dei veleni. Diserbanti anche lungo le strade.
di
Sonia Savioli
05-02-2014
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