"In quanto simpatizzanti di ogni forma di eresia, invitiamo qui a una presa di coscienza di quello che sono veramente il potere e la gerarchizzazione sociale e di come le sosteniamo inconsciamente anche nelle nostre piccole scelte quotidiane".
La gestione del potere è uno dei veri noccioli della disuguaglianza e dell'infelicità nel mondo.
Nelle nostre società il potere è messo in relazione con persone umane o giuridiche del mondo dell'economia, della finanza e della politica.
In realtà la lotta per il potere è ormai diffusa a ogni livello della società, dalla scuola materna al ricovero per gli anziani. È un tarlo che corrode l'essere umano, talvolta proprio per poca cosa.
È una catena di reazioni ed emozioni per il dominio del proprio orticello o per il controllo dell'altro (familiare, dipendente, collega ecc.) che falcia ogni giorno migliaia di vite con la sua violenza e la sua ipocrisia che si ispirano brutalmente all'esempio 'formativo' e illuminante della nostra casta di governo.
Come è giusto che sia, in quanto simpatizzanti di ogni forma di eresia, invitiamo qui a una presa di coscienza di quello che sono veramente il potere e la gerarchizzazione sociale e di come li sosteniamo inconsciamente anche nelle nostre piccole scelte quotidiane.
Queste dinamiche societarie inique sono le stesse da sempre. Il cavallo senatore di Caligola non è propriamente dell'altro ieri. Oggi però il tutto è mascherato da un velo di 'democrazia' illusorio che si avvale della potenza dei mass media che, come ha mirabilmente dimostrato Noam Chomsky, riscrivono costantemente la realtà ad uso e consumo dei potenti di turno.
Oggi la pillola viene indorata con l'offerta ecumenica dell'ostia elettorale, porta sul piattino d'argento al cittadino ad ogni rissa tra i ladroni della gestione della cosa pubblica.
Ma votare, a destra o a sinistra che sia, ormai è chiaro a tutti, significa quasi sempre solamente prendere parte all’edificazione della falsa democrazia voluta dai satrapi occulti o meno del potere e dalle classi dominanti. Votare significa strutturare una società gerarchicamente e voler partecipare al potere, corruttore per definizione anche biblica [1].
Gli esempi di gruppi politici che dal momento in cui hanno accettato la competizione politica e l’ingresso nel sistema si sono depotenziati o sono degenerati sono numerosi [2]. È lo stesso processo che nei secoli ha interessato tutti i gruppi antagonisti al sistema di potere una volta giunti ad accaparrarselo.
Il potere devasta se stesso e gli altri checché ne dica qualcun altro. E più è vasto e sovranazionale e peggio è. La tendenza è all'accentramento dispotico. Basta vedere cosa sono in grado di fare organismi internazionali come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale.
L’antica connessione potere-stato-violenza-oppressione è stata ben illustrata in un’opera di Mario Stoppino [3]. Lo studioso afferma che “tra due partiti politici, uno di destra e l’altro di sinistra, vi possono essere grosse differenze, se si guarda ai programmi politici che essi intendono mettere in pratica una volta conquistato il governo [4]; ma essi appartengono entrambi alla stessa famiglia di animali politici, se si guarda alle strategie e alle tattiche che l’uno e l’altro utilizzano, nell’ambito di date regole del gioco, per cercare di riuscire vittoriosi nella lotta per il potere” [5].
Inoltre “un individuo o gruppo può elaborare e coltivare un programma o una dottrina politica generale; ma non diventa perciò un attore propriamente politico (come parte della 'classe politica'), e resta invece quel che si dice un 'profeta disarmato', se non si impegna nella lotta per il potere al fine di mettere effettivamente in pratica quel programma o quella dottrina. Per attuare un programma o una dottrina politica, occorre conquistare il potere politico di farlo: il che equivale a dire che occorre conquistare il potere politico, e dunque impegnarsi nella lotta per il potere” [6].
Ma la lotta per il potere “è la lotta per conquistare o per conservare le posizioni e i ruoli stabili dai quali si esercita il potere politico, cioè il potere associato al monopolio tendenziale della violenza” [7]. Dunque: programma politico = lotta per il potere = violenza = oppressione.
Coloro che vogliono aderire a un nuovo patto sociale di tipo libertario che si prefigura come auspicabile e inevitabile, se vogliamo sopravvivere a questa catastrofe ecologica e socio-politica, devono rompere definitivamente con questo meccanismo diabolico.
E senza aspettarsi alcuna tutela o dono della provvidenza nemmeno da parte di istituzioni giuridiche di qualsiasi tipo come tendenzialmente si tende a fare oggi aggrappandosi a petizioni, cause legali e battaglie in tribunale di ogni tipo. Infatti: “Chi dice diritto dice interesse” [8]. Prendiamone coscienza. La legge esprime gli interessi di chi l'ha formulata e sostiene la stabilità dell'intero sistema che opprime noi stessi e la natura.
Lo scrittore russo Lev N. Tolstoj, già più di un secolo fa, sottolineò l’importanza della coerenza e della necessità “di non tradire le proprie idee con la propria vita, di non tradire la propria dignità umana sottomettendosi a un’istituzione” [9]. Per Tolstoj “nessuna forma di governo, né elettiva, né ereditaria, né per diretta unzione divina, è stata fin oggi in grado di salvarsi dalla corruzione e dall’abuso del potere per fini privati. Al contrario, è risaputo che proprio le cariche rovinano gli uomini, e il miglior privato cittadino diventa inevitabilmente tanto più corrotto quanto più alta è la carica che viene a ricoprire” [10].
Anzi, la partecipazione a qualsiasi titolo alle istituzioni statali da parte di uomini intelligenti ed onesti ottiene come risultato solo quello di attribuire autorità morale a un organismo che di per sé non potrebbe mai averne. Senza quelle persone l’essenza brutale dello Stato sarebbe sotto gli occhi di tutti [11]. E in merito a quest’ultima Tolstoj fu esplicito: “Ogni governo, per poter essere un governo, deve essere composto dagli individui più insolenti, più brutali, più corrotti” . E calcando la mano: “A queste associazioni a delinquere chiamate governi viene interamente rimessa la violenza contro la proprietà, contro la vita, contro il naturale sviluppo spirituale e morale di ogni individuo” [13].
Dalla scomparsa di queste istituzioni 'criminali' ne sarebbe derivata secondo il nobile russo la scomparsa stessa o la diminuzione della violenza, che era la base organizzativa su cui esse si fondavano [14]. La fine di tutti i governi non avrebbe comunque significato anche l’estinguersi degli aspetti positivi delle norme di coesistenza sociale, dell’istruzione pubblica e della giustizia che avrebbero continuato ad esistere in una forma purificata dai mali del potere centralizzato [15].
La percezione comune della politica e dei partiti è quindi così bassa per una ragione ben chiara ormai da quasi un secolo e mezzo.
L'indignazione popolare di fronte alle orge del potere di cui oggi vediamo alcune immagini sui media lascia a questo punto quindi abbastanza perplessi.
Ma davvero nel profondo c'è ancora qualcuno che si stupisce di fronte alla sostanza del potere e alle dinamiche che ingenera? Davvero ancora possiamo ritenere che la delega della propria esistenza ottenga risultati positivi che vanno nell'interesse di tutti? Davvero pensiamo che la comodità del teledivano sia così emancipante? Davvero pensiamo che possiamo proseguire come stiamo facendo lottando accanitamente per accaparrarci la presidenza del circolo bocciofila? Noi siamo lo specchio. Se non rinunciamo noi alla nostra fetta di micropotere quotidiano possiamo pensare veramente di cambiare le cose a livello societario? Deleghiamo ad altri come noi?
La debolezza è umana... ma anche la forza. È una questione di volontà e di cooperazione. Non c'è molto da indignarsi. Su la testa... e su le maniche.
Note
1. Cfr. il libro dell'Ecclesiaste, Per un’analisi politica dettagliata dello stesso si veda Ellul, Jacques, La raison d’Être, Seuil, Paris, 1987.
2. Jacques Ellul riporta l’esempio dei Verdi tedeschi che negli anni ’80 del XX secolo espressero una potenzialità rivoluzionaria veramente notevole e che dopo l’accettazione dei seggi in Parlamento declinarono irrimediabilmente sia dal punto di vista ideologico che etico. Ellul, Jacques, Anarchia e cristianesimo, Elèuthera, Milano, 1993, p. 38.
3. Stoppino, Mario, Potere e teoria politica, ECIG, Genova, 1982, e in particolare pp. 153-183.
4. Oggigiorno questa differenza tra programmi di destra e di sinistra è in pratica scomparsa e tutto va uniformandosi alle esigenze del 'libero mercato'.
5. Stoppino, Mario, Potere e teoria politica, cit., p. 272.
6. Loc. cit.
7. Ibid., p. 269.
8. Ellul, Jacques, La subversion du christianisme, Seuil, Paris, 1984, p. 154 [traduzione nostra].
9. Così Marco Bucciarelli nella Nota introduttiva a Tolstoj, Lev N., Scritti eretici, La Baronata, Lugano, 1986, p. 13.
10. Tolstoj, Lev N. 'La salvezza è in voi' [1894], uno stralcio del quale si può trovare ora in Tolstoj, Lev N., Scritti eretici, cit., pp. 21-24, cfr. p. 23.
11. Tolstoj, Lev N., 'A una signora liberale' [1896], ora in Tolstoj, Lev N., Scritti eretici, cit., pp. 49-57, cfr. 51.
12. Tolstoj, Lev N., 'Il concetto di nazione' [1900], ora in Tolstoj, Lev N., Scritti eretici, cit., pp. 77-88, cfr. p. 83.
13. Ibid., p. 84.
14. Tolstoj, Lev N., 'La schiavitù moderna' [1900], uno stralcio del quale si trova ora in Tolstoj, Lev N., Scritti eretici, cit., pp. 101-102, cfr. p. 101.
15. Tolstoj, Lev N., 'Il concetto di nazione' [1900], ora in Tolstoj, Lev N., Scritti eretici, cit., pp. 77-88, cfr. p. 86.
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