Verso una “Rivoluzione civile”? Intervista a Livio Pepino

È stata accolta da molti con entusiasmo la candidatura a premier di Antonio Ingroia, che ha fondato “Rivoluzione civile”. Le perplessità sulla proposta di cambiamento del movimento guidato dall'ex pm di Palermo non hanno però tardato a farsi sentire. Ne abbiamo parlato con il magistrato Livio Pepino, tra i promotori dell'iniziativa “Cambiare si può”.

Verso una “Rivoluzione civile”? Intervista a Livio Pepino
Il concetto di rivoluzione, di rivoluzionare questo Paese, passa sulle bocche di molti italiani in questi mesi. Lo leggiamo su Facebook, in messaggi che incitano alla disobbedienza civile, a sovvertire l’ordine costituito. L’ex pm di Palermo, Antonio Ingroia, ha fatto sua la parola “rivoluzione” e ci ha aggiunto “civile”: rivoluzione dei cittadini. Affiancando quelle due parole, dopo molti traccheggiamenti, ha deciso di buttarsi in politica da candidato Presidente del Consiglio. Ha fondato così il movimento “Rivoluzione Civile”, appoggiato però da vecchi partiti come Idv, Verdi e Rifondazione Comunista. Tra le realtà locali che sostengono questo progetto, c’è “Cambiare #sipuò” (che raggruppa pezzi importanti di società civile) e il Movimento Arancione di Luigi De Magistris. Tuttavia, in mezzo ad entusiasmi e battiti di mani per la discesa in campo di Ingroia, c’è qualcuno che pone qualche dubbio, esprime qualche perplessità su questo reale cambiamento che “Rivoluzione Civile” dice di aver portato e di voler portare nel panorama politico italiano. Tra queste “voci fuori dal coro”, c’è Livio Pepino. Magistrato, tra i promotori di “Cambiare #sipuò” e responsabile edizioni del Gruppo Abele. In passato, Pepino ha anche ricoperto i ruoli di consigliere del Csm (dal 2006 al 2010), consigliere di Cassazione, sostituto procuratore generale a Torino e Presidente di Magistratura Democratica. Attualmente è direttore della rivista bimestrale Questione Giustizia e co-direttore di Narcomafie, mensile redatto con l’apporto di Libera. E' anche co-direttore scientifico del trimestrale Diritto Immigrazione e Cittadinanza. Lo abbiamo contattato per capire meglio intorno a cosa ruotano i suoi dubbi e il magistrato, pur avendo intenzione di votare “Rivoluzione Civile”, dice senza troppi giri di parole che “questa non è la mia lista, né la lista in cui speravo”. Il cambiamento che Ingroia, con Rivoluzione Civile, vuole portare nel panorama politico italiano, è un cambiamento reale? Visibile? Quale stravolgimento c’è stato dal progetto iniziale del movimento “Cambiare #sipuò”? Ribadisco quello che ho detto e ho scritto in due editoriali comparsi su Il Manifesto: credo che sul piano programmatico dei contenuti, quello di “Rivoluzione Civile” sia un buon programma. Come tutti i programmi, è anche questo perfettibile ma è un programma chiaro ed esplicito, sia in termini di critica alle politiche liberiste del Governo Monti (e a chi lo sostiene), sia in termini di indicazione di una proposta economica alternativa. Quindi, sotto il profilo programmatico, credo che “Rivoluzione Civile” incarni un bel passo avanti rispetto al passato e rivendico come, in qualche misura, le proposte di “Cambiare si può” abbiano condizionato sensibilmente il programma che leggiamo oggi. Il problema è che non bastano i programmi poiché questi, hanno bisogno di gambe su cui camminare e di metodi che li rendano affidabili. Su questo punto, credo che i metodi seguiti per la formazione delle liste (e in generale per lanciare il programma), siano stati dei metodi inadeguati e legati a dei modi vecchi di fare politica. Io credo che, per rinnovare davvero lo scenario politico, serva dare voce a quelle molteplici realtà che sul territorio stanno lavorando per un cambiamento. Questo, mi sembra che non sia accaduto e non è sufficiente realizzarlo, individuando cinque/sei/dieci/dodici figure valide da cooptare dall’alto per inserirle in una lista che segue altre logiche. Quella che io contesto, in sintesi, è l’insufficienza del cambiamento, premettendo che ci sono molti punti positivi. Parlando proprio del leader di “Rivoluzione Civile”: Antonio Ingroia. Pur avendo piena stima dell’ex pm di Palermo, lei ha avanzato più volte perplessità (esternate anche da altri) sul fatto che la sua candidatura a Presidente del Consiglio fosse stata fatta calare dall’alto (formula che “Cambiare si può” ritiene per nulla efficace) e che comunque, facendo il suo nome, il movimento rischia di appiattirsi un po’ troppo sulla questione giustizia. Sì, in effetti ho detto che il problema delle candidature avrebbe richiesto un maggiore coinvolgimento delle forze che potevano concorrere alla formazione di una lista. L’estrema personalizzazione che si è poi verificata - sia in termini di indicazione del nome di Ingroia a caratteri cubitali nel simbolo, sia attraverso la sua presenza come capolista in tutte le circoscrizioni - hanno un po’ appiattito (per l’appunto) il programma sulla sua figura, che è certamente positiva, ci mancherebbe. Il punto focale è che, secondo il mio punto di vista, anche sotto gli aspetti più percepibili dal punto di vista mediatico, sarebbe stato più opportuno far emergere quei punti che, a fianco della giustizia e in parte anche come quadro in cui la giustizia si colloca, sono i punti fondamentali oggi in discussione. Mi può fare qualche esempio? Le politiche economiche, come uscire dalla crisi, le politiche del lavoro, quelle del territorio. Tutto questo, sarebbe dovuto emergere. Questo tipo di personalizzazione che è stata fatta però, al di là delle scelte e delle volontà dei singoli, sembra che abbia fatto scivolare questi temi un po’ in secondo piano. Se la sentirebbe oggi di votare “Rivoluzione Civile”? Questo lo vediamo alla fine della campagna elettorale. Per ora non vedo controindicazioni ed anzi, mi sembra una delle possibilità al momento più plausibili. Prima di pronunciarmi, aspetto di vedere come si muoverà la lista in questa campagna elettorale. Quello che ho detto è che questa non è la mia lista, né la lista in cui speravo (e che volevo costruire) ma ciò non toglie che ci siano degli aspetti apprezzabili che valuterò con molta attenzione. Leggi anche: Con i partiti "Cambiare (non) si può"

Commenti

a Verona : perchè Borghesi ? Leghista presidente della Provincia, passato a IDV parlamentare, e ora Rivoluzione Civile???????
FLAVIA, 30-01-2013 11:30
passare dalle stalle alle stelle in pochi mesi è pura utopia, per un cambiamento reale del sistema di potere e dei modelli di sviluppo di questo paese occorre una lunga fase di transizione. Tutto è perfettibile e migliorabile, ma la cosa più importante è che i cittadini italiani ed europei tornino ad essere protagonisti del loro futuro espropriato dalle lobby finanziarie e dai poteri forti di un capitalismo deteriore, autolesionista e destinato ad un lento ma progressivo ed inesorabile disfacimento. Per costruire l'Europa dei popoli occorreranno molto tempo, molto lavoro e molti sacrifici da parte di tutte le forze della società civile; secondo me non basteranno due generazioni per realizzare una vera rivoluzione civile, ma l'importante è partire e non cedere ai ricatti del regime delle lobby e della partitocrazia.
Marco, 30-01-2013 05:30

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