di
Valentina Vivona
29-05-2013
Continua il cammino di un gruppo di giornalisti nella parte toscana della via Francigena. Da Valentina Vivona il resoconto della seconda tappa di questo viaggio: tra i dintorni di Montalcino.
Sono come onde, le colline tra la Val d’Orcia e le Crete Senesi. Per raggiungere l’ex comune di Vergelle bisogna immergersi e poi risalire tra sfumature di verde che riempiono l’occhio. Il paesaggio è pettinato: le viti seguono ordinatamente curve e rialzi, la stessa Cassia sembra inserirsi armonicamente tra le vallate. “Il merito è dell’uomo”, ricorda l’assessore all’Agricoltura della Provincia di Siena Claudio Galletti, “che ha salvato queste terre dall’abbandono”.
Sono circa duemila i pastori sardi che, tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno acquistato i poderi dei mezzadri emigrati in città. “Il mio babbo s’innamorò di questa terra quand’era sposino”, racconta Angelo con una cadenza che non smaschererebbe le sue origini. I suoi genitori pagarono circa 16 milioni di lire per 75 ettari di campi, comprensivi degli immobili presenti.
“In principio vendevamo solo il latte, ma poi il babbo si è stufato di perdere soldi aspettando i pagamenti e abbiamo aperto il caseificio”. Angelo ha imparato dal padre come lavorare il latte, crudo o pastorizzato, per ottenere il pecorino e brucia dalla voglia di condividere le sue scoperte. “I nostri conservanti sono il pomodoro, la cenere o la vinaccia”, spiega davanti a centinaia di forme bianche, gialle, rosse, nere, viola, punteggiate dal pepe o dalle erbe aromatiche, “il vinavil delle croste del supermercato non mi è mai piaciuto”.
Nel 2000, sotto la spinta dei clienti, ha deciso di trasformare due ruderi nella sua terra in agriturismo. In Toscana si contano oltre 4000 strutture, le cui insegne si alternano a distanza di pochi chilometri una dall’altra, diffuse quando la normativa in materia era ancora blanda. “La gente viene per vedere il lavoro nei campi, ma spesso si ritrova a dormire in posti dove non incontra manco il contadino”, spettegola Angelo. “Alcuni sono bravissimi a sfuggire ai controlli. Io, invece, bisticcio sempre con l’USL che vuole tutto sterile, sterile. Ma se nel mio formaggio non ci fosse una piccola carica batterica, mi preoccuperei!”.
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