di
Paolo Merlini
24-02-2012
La Statale 17, Sepino e gli autisti di Campobasso. Ecco la seconda gustosa puntata del viaggio di Paolo Merlini, il nostro esperto di vie traverse, tra le "aspre salite dei monti della Daunia".
Le finezze della cucina provenzale si possono gustare soprattutto andando a piedi da Ménerbes a Isle-sur-la-Sourgue, nel Luberon, entrando in uno di quei locali con i tavoli ricoperti da tovaglie a quadretti bianchi e rossi, seminascosti da campi ondulati di lavanda
Stefano Malatesta, La pescatrice del Platani e altri imprevisti siciliani
È la prima volta che arrivo a Lucera con il bus. Qualche tempo fa la raggiunsi col treno delle Ferrovie del Gargano ma oggi dalla Statale 17 mi sembra ancora più bella. Fuori dalle mura cittadine dormono ancora tutti. È sabato mattina e salgono solo 2 giovani donne che chissà cosa le porta a Campobasso.
Rispettando la tabella di marcia, il mio autista riparte in discesa per attraversare la Capitanata, un tempo regno degli armenti e oggi assediata da immensi parchi eolici (sarà vero che producono tanta energia rinnovabile da far perdonare lo scempio paesaggistico?). A volte mi piacerebbe fare un gesto da pazzo e lanciarmi all’assalto di questi moderni ingombranti e forse inutili mulini a vento. Mi vedo con l’elmo di Mambrino ben calzato sulla testa ritto sul tetto del mio autobus lanciato a tutta velocità contro “quest’obbrobrio energetico a fin di bene”.
Ripenso a quella volta che con gli amici organizzammo una passeggiata in mutande per protestare contro la chiusura di una delle tante linee ferroviarie secondarie classificate come rami secchi. La manifestazione era fissata per gennaio e solo un’improvvisa (per certi versi provvidenziale) nevicata riuscì a farci desistere (per fortuna nostra e del comune senso del pudore).
Il bambino che è in me crede che se le pale eoliche girassero a dovere potrebbero alimentare un vortice così virtuoso da risucchiarci su per la strada in salita… ma vattene, oggi non c’è neanche il conforto di un debole vento termico e la mia 'corriera stravagante' del sabato mattina fatica sulle aspre salite dei monti della Daunia. Ecco il valico e la discesa giù in direzione di Bojano. Il nostro bus corre veloce verso Campobasso ed arriviamo con un po’ di anticipo.
Come metto piede in autostazione vedo il bus delle autolinee La Riviera in partenza per Sepino.
È un’occasione da non perdere, sono anni che voglio andare a Sepino. Salgo e l’autista mi fa il biglietto di andata e ritorno. Partiamo e mi accorgo che sul bus ci sono altri 4 autisti, due de La Riviera e 2 della Molise Trasporti che tornano a casa dopo il servizio.
Ripenso a quella volta che, vagabondo in Italia centrale, un lussuoso autobus rosso della Molise Trasporti mi 'riportò alla ragione' conducendomi fino a Roma e 'rimettendomi sulla buona strada'... Che corsa magnifica: Campobasso – Bojano – Isernia – Venafro – Cassino – Roma.
Vabbè, ma adesso sto andando a Sepino. Gli autisti si conoscono da sempre. A sentirli parlare è una gioia. Vengono tutti dalla guida dei camion ed un tempo facevano l’estero… e via giù a raccontare di quella volta a Barcellona quando Tizio, di notte, si legò all’interno della cabina di guida per paura dei ladri; per non parlare di Caio che c’aveva la donna a Monaco e la moglie, poveretta, non sapeva niente. I miei compagni di viaggio sono gioviali in questo sabato del villaggio.
Faccio amicizia con l’autista 'che guida', è Giancarlo. Mi chiede di raccontargli che ci faccio di mattina presto in giro per il 'Molise profondo'. Quando gli dico che scribacchio di viaggi in autobus diventiamo amici e arrivati a Sepino mi suggerisce di andare a mangiare al bar dove mi raggiungerà alle 13, cioè durante la pausa pranzo del suo turno.
Gli scavi archeologici di Sepino (cioè la zona archeologica di Altilia) sono impressionanti. Dal sito del Comune apprendo che “Saepinum è la città romana di pianura che sorge all'incrocio di due importanti strade: il Tratturo Pescasseroli-Candela attraversato dalle greggi transumanti nei loro spostamenti stagionali e l'altra, ad esso trasversale, che scende dal Matese e continua in direzione della fascia costiera”.
Passo varie ore tra le rovine e poi risalgo in paese, che anche quello merita una visita.
Infine mentre mangio un succulento panino che solo in provincia di Campobasso sono così bravi a fare, arriva Giancarlo l’autista. Appena entra nel bar chiama per nome la proprietaria che evidentemente conosce da sempre e platealmente la diffida dal prendere soldi da me perché sono suo gradito ospite (ammazza che servizio La Riviera, pure il panino…).
Anche lui si mangia un panino e poi, quasi a volermi iniziare ad un rito esoterico mi pronuncia la parola d’ordine: “Caciocavallo???”. Io sto al gioco e rispondo a dovere: “Bono!!!”. Senza ulteriori indugi mi porta a comprare un caciocavallo da quasi un chilo e mezzo che mi viene confezionato sottovuoto. Che bel souvenir che riporterò a casa…
I campobassani mi hanno stregato!
W Giancarlo e W gli autobus!
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