"Se sulle pareti dell’ospite i quadri sono leggermente spostati a destra o a sinistra, invece che perfettamente allineati al soffitto o al pavimento, nasce irresistibile la tentazione di rimetterli a posto.... Qualche volta proviamo a fare lo stesso con le vite degli altri".
Tra i piccoli fastidi insopportabili c’è quello di vedere i quadri un po’ storti in casa d’altri. Se sulle pareti dell’ospite i quadri sono leggermente spostati a destra o a sinistra, invece che perfettamente allineati al soffitto o al pavimento, nasce irresistibile la tentazione di rimetterli a posto. Siccome non ci sembra educato, e circola la superstizione che farlo porti male, per un po’ cerchiamo di allontanare il pensiero, concentrandoci sul cibo, sulla piacevole conversazione, sui libri negli scaffali, sulla incredibile collezione di dischi, le fotografie, e se c’è ed è accesa persino sulla televisione.
Eppure l’immagine del quadro fuori posto ricorre, ci tormenta. Se per caso restiamo soli un momento, ci avviciniamo furtivamente o con disinvoltura fino alla meta del nostro desiderio, e con un piccolo colpo di mano riportiamo l’armonia dove prima c’era confusione. Perché tutto il resto può essere in ordine e perfettamente pulito, ma un quadro storto dà all’intero ambiente un aspetto caotico e sgradevole.
Qualche volta proviamo a fare lo stesso con le vite degli altri. "Dovrebbe trattare la moglie con maggiore dolcezza", "dovrebbe lasciare che il bambino passi più tempo con suo padre", "dovrebbe imparare a cucinare invece di scaldare cibi congelati", "dovrebbe avere il coraggio di dire quello che pensa". Ecco, un colpetto di mano e ci sembra di poter risistemare le storture delle vite altrui che per noi, naturalmente, sono così evidenti. Ma come fanno a non accorgersi che la soluzione è proprio lì, ed è talmente facile da mettere in atto? Perché continuano a sopportare la vista fastidiosa di quello spostamento che fa sembrare un disastro anche il resto? O, peggio ancora, come fanno a non accorgersi che il quadro si è spostato? Come è possibile che apparecchino la tavola ogni sera, che spolverino ogni settimana, che ogni giorno si voltino verso la parete e non vadano dritti a tirare su gli angoli della cornice?
La situazione coi quadri sembra oggettiva e lampante in virtù di un criterio di ‘giustezza’, di un valore ‘estetico’ a cui potersi appellare. Sembra, appunto, perché qualcuno potrebbe invece dire che i quadri a casa sua stanno bene proprio così, e quella che il nostro giudizio considera un’anomalia o una distrazione è invece il frutto di un gusto diverso, di una precisa scelta. Le cose si complicano.
Spesso si diventa insensibili al proprio spazio perché ci si vive quotidianamente, e a forza di passarci davanti e starci in mezzo alle cose e alle persone – inclusi se stessi - si fa meno attenzione, finché ci si abitua al difetto e all’errore. Ma nemmeno per le persone valgono criteri oggettivi applicabili dall’esterno: ciascun ambiente si organizza con regole proprie ed è il risultato di equilibri fragili e spesso difficili da sostenere. Allora sarebbe meglio vincere il fastidio e cambiare il nostro istinto, non chiudendo gli occhi e volgendoli altrove, ma aprendoli di più e prestandoli a una conoscenza più profonda e sovversiva di quella imposta da canoni comunemente accettati o da pressioni private e sociali.
Potremmo magari fare domande sulla provenienza del quadro, commentarne i colori, il soggetto, lo stile. Potremmo intraprendere con l’altro discussioni affettuose e interessate, fatte di delicatezza e fiducia, che ci consentano di imparare qualcosa in più sulla storia delle sue scelte e le soluzioni che ha trovato o forse no al posizionamento dei quadri e ad altri problemi: e se ce lo chiedesse, certo, restare fermi in fondo alla stanza per garantire uno sguardo rassicurante sull’operazione di allineamento che lui stesso farà, volendo, con le sue mani.
Consapevoli entrambi che ogni tanto la terra trema, e qualsiasi aggiustamento non sarà una volta per tutte.
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