di
Mario Apicella
16-11-2012
L'ultima ondata di maltempo ha portato con sé morte e devastazione nel centro-nord Italia, colpendo in particolare la Toscana. E mentre l'emergenza si sposta al sud, nel nostro Paese si cerca ancora una volta di far passare per disastri naturali ciò che la logica prevede ed annuncia da sempre.
Ancora una volta siamo paralizzati, alcuni morti e danni per milioni di euro per una bomba d’acqua, non per un terremoto imprevedibile o uno tsunami o un bombardamento militare.
'Acqua assassina' titola un giornale, senza voler considerare e probabilmente senza voler far capire che basta un chilometro di super strada a 4 corsie o un quartiere cementificato di 15.000 metri quadri (20 palazzine per intenderci) per produrre ogni 100 millimetri di pioggia una valanga d’acqua di 1500 metri cubi capace di inondare un intero paese e metterlo in ginocchio.
Guardando le foto di Carrara, di Albinia, di Lucca sembra di essere in uno dei paesi del terzo mondo dove i nostri fratelli muoiono ogni anno per gli alluvioni che puntualmente distruggono le loro abitazioni ed i loro campi. Invece siamo in Italia: mezza costa Toscana in ginocchio, Veneto, Umbria e Lazio allo strazio per lo straripamento dei piccoli fiumi e la pioggia intensa che hanno causato diversi morti, numerose frane e smottamenti devastando interi paesi, agriturismi, vigneti, serre, stalle e coltivazioni orticole, interrompendo la percorribilità delle nostre strade.
Sembra assurdo che si possa rimanere isolati senza elettricità durante un dramma che ogni alluvione comporta, eppure è così: al danno si aggiunge sempre la beffa, di non poter chiamare soccorso di non poter capire cosa succede e cosa sta per succedere.
Parlando con i nostri agricoltori impegnati a metter in salvo il salvabile, preoccupati lunedì sera per le notizie di ulteriori esondazioni in arrivo, sconvolti dalla perdita del bestiame, ce li siamo ritrovati in questi giorni a soccorrere loro stessi gli abitanti di Albinia, con i loro trattori, con le loro pompe aziendali a liberare le strade ed i sotto passaggi, le cantine e le abitazioni.
“L'Italia paga il prezzo della mancanza di una politica territoriale che ha favorito l'abbandono dell'agricoltura nelle zone difficili e la cementificazione in quelle più ricche” dicono le associazioni degli agricoltori, “con il risultato che a livello nazionale ci sono 6.633 comuni a rischio, l'82% del totale”.
Servirebbe di fatto riflettere sui due pesi e le due misure che da troppo tempo si utilizzano ovunque:
1) Se un contadino o un artigiano o un semplice cittadino, ha bisogno di costruire un piazzale anche di soli 10 metri quadri deve pagare un geologo, un ingegnere strutturista e nelle zone a rischio di esondazione deve prevedere una vasca di compensazione di altrettanti metri quadri al fine di non peggiorare la situazione esistente.
2) Per costruire un'autostrada invece o una semplice bretella come la Grosseto-Siena, si disbosca senza pietà, regalando cippato ai soliti amici e si cementifica a più non posso, senza lasciare nessuno spazio per il corretto defluire dei 1500 metri cubi di acqua a kilometro così disinvoltamente prodotti con denaro illusoriamente pubblico.
Non sarà facile risanare le ferite che le coltivazioni e gli allevamenti delle nostre aziende agricole hanno subito con le esondazioni del 12 novembre 2012, ma sempre all’orizzonte intravediamo il sole, sempre troveremo la forza di reagire, sempre sapremo coinvolgere le energie migliori che in uno sforzo congiunto permetteranno a tutti coloro che dalla terra vivono e con la terra ci nutrono di ripristinare con orgoglio tutto quanto di meglio negli anni hanno saputo dipingere, mentre un semplice gesto nella prossima cabina elettorale spazzerà via lontano il criminale affarismo di chi ci governa.
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