Il 22 aprile si celebra la giornata della Terra, una data simbolica per ricordarci, ogni anno, che di pianeta abitabile ne abbiamo solo uno al momento, anche se stiamo facendo di tutto per distruggerlo.
Un recente articolo pubblicato su BioScience - Istituto Americano di Scienze Biologiche ci illustra molto bene la situazione e ci ricorda che il cambiamento climatico in atto contribuisce ad aumentare la frequenza e i costi di molteplici disastri naturali. Inoltre, i dati a nostra disposizione mostrano un aumento di tali costi pari a oltre l’80% ogni dieci anni. Qui si riporta una sintesi con i principali risultati dell’articolo pubblicato, che evidenzia la posizione di oltre 11.000 firmatari (scienziati) i quali in modo inequivocabile confermano che il nostro pianeta sta affrontando una vera e propria emergenza climatica.
Nel 1979, gli scienziati di 50 nazioni diverse si incontrarono a Ginevra alla prima Conferenza mondiale sul Clima e concordarono che era urgente agire. Stesso scenario al summit di Rio de Janeiro nel 1992, con il Protocollo di Kyoto nel 1997 e con l’Accordo di Parigi nel 2005. Oggi, dopo oltre 40 anni, siamo ancora a lottare per convincere chi governa della necessità di agire concretamente al più presto. Ma ovviamente le condizioni di vita sul pianeta sono cambiate, in peggio, e le azioni da intraprendere dovranno essere sempre più drastiche. I dati e le analisi dell’IPCC (il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici) sono inequivocabili: è necessario agire presto e concretamente!
Sono diversi gli esperti che ammoniscono sul fatto che le discussioni sul cambiamento climatico fanno riferimento solo alla temperatura della superficie terrestre a livello globale, una misura inadeguata per comprendere appieno l’impatto delle attività umane e i reali pericoli di un pianeta che si surriscalda.
Una cosa sola è incontrovertibile: la crisi climatica è strettamente connessa ai consumi eccessivi del nostro stile di vita. I paesi industrializzati sono responsabili per le emissioni storiche di gas serra e generalmente registrano le emissioni pro-capite più alte. Segnali preoccupanti arrivano dalle attività umane che includono l’aumento degli allevamenti, della produzione di carne pro-capite, del Prodotto Interno Lordo (PIL), del consumo di combustibili fossili, del numero di viaggi aerei (pre-Covid), delle emissioni di CO2 in generale e pro-capite negli ultimi 20 anni, e, infine, della perdita di foreste. Nonostante ciò, si registrano alcuni segnali incoraggianti quali la riduzione delle nascite a livello globale (anche se rallentata negli ultimi 20 anni), il rallentamento della deforestazione in Amazzonia (anche se di recente ha ripreso ad aumentare), l’aumento del consumo di energia solare ed eolica e la diminuzione degli investimenti (-7 trilioni di dollari) nei combustibili fossili.
Il consumo di energia eolica e solare è aumentato del 373% ogni dieci anni, ma nel 2018 era ancora 28 volte minore del consumo di combustibili fossili. Circa il 14% delle emissioni di gas serra è stato compensato sul mercato del carbonio ma il prezzo medio per tonnellata di carbonio è stato solo di poco più di 15 $, mentre secondo l’IPCC sarebbe necessario un prezzo ben più alto. Il dato rilevante è che ancora oggi i sussidi annuali alle fonti fossili superano i 400 miliardi di dollari.
Le emissioni dei tre principali gas serra (CO2, CH4 e N2O) continuano ad aumentare, così come la temperatura della superficie terrestre. A livello globale, i ghiacci si stanno rapidamente assottigliando, sia al Polo Nord che al Polo Sud, oltre che in Groenlandia. La temperatura e l’acidità degli oceani, il livello dei mari, le aree bruciate e i costi associati ai relativi danni sono tutti indicatori in crescita.
L’IPCC non perde occasione per ricordare che il cambiamento climatico minaccia fortemente la vita, in tutte le sue forme. Anzi, in alcuni casi siamo già fuori tempo massimo, il che rende ancora più pressante la necessità di intervenire. Nonostante 40 anni di negoziazioni sul clima, a parte alcune rare eccezioni, abbiamo continuato come se niente fosse: quel business as usual che in pratica significa continuare a fare tutto quello che ci piace senza preoccuparci delle conseguenze. E adesso abbiamo iniziato a pagarne il conto. La crisi climatica è arrivata e sta accelerando più velocemente di quanto la maggior parte degli scienziati aveva previsto. Inoltre, risulta essere più severa di quanto ci si aspettasse, minacciando gli ecosistemi naturali e il destino dell’umanità. Di fatto, si accelererà quel processo che sta portando molte aree del pianeta a diventare inabitabili.
Per mettere in sicurezza il nostro futuro dobbiamo cambiare lo stile di vita. La crescita dell’economia e della popolazione sono tra i principali responsabili dell’aumento delle emissioni di CO2 ed è necessaria una drastica trasformazione delle politiche economiche e demografiche. Si suggeriscono sei passi da intraprendere, che i governi, le imprese come tutta l’umanità, possono mettere in atto per diminuire gli effetti peggiori del cambiamento climatico.
Energia
E’ necessario massimizzare l’efficienza energetica e sostituire le fonti fossili con quelle rinnovabili a basso contenuto di carbonio. Dobbiamo lasciare le fonti fossili là dove sono, sottoterra, e darci da fare per sostenere i sistemi naturali: basterebbe non interferire, la natura sa cosa deve fare. I paesi più ricchi devono sostenere quelli più poveri a percorrere la strada verso un mondo senza combustibili fossili. Punto cruciale è l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili ed un uso efficace di politiche che portino ad una sempre maggiore diminuzione del loro uso.
Inquinanti
La riduzione delle emissioni di alcuni inquinanti come la fuliggine (black carbon) e gli idroflorocarburi (HFCs), insieme al metano, risulta prioritaria. Agendo subito si può ridurre il trend del riscaldamento di oltre il 50% nelle prossime decadi, salvando milioni di vite e aumentando la resa agricola grazie alla riduzione delle concentrazioni di inquinanti atmosferici.
Natura
Dobbiamo proteggere e ripristinare i nostri ecosistemi. Fitoplancton, barriere coralline, foreste, savane, aree umide, terreni e diversi altri ecosistemi contribuiscono enormemente al sequestro della CO2. Le piante terrestri e marine, gli animali e i micro-organismi giocano un ruolo significativo nel ciclo e nello stoccaggio del carbonio e degli altri nutrienti. E’ necessario diminuire drasticamente la perdita di biodiversità e proteggere le restanti foreste primarie, aumentando al contempo la riforestazione. Fino a un terzo della riduzione delle emissioni necessarie per rispettare l’Accordo di Parigi (non superare i 2°C) potrebbe essere ottenuto con queste soluzioni naturali.
Alimentazione
Cibarsi principalmente di vegetali e ridurre il consumo di prodotti animali può senz’altro migliorare la salute umana e, al contempo, ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. Inoltre, ciò libererebbe molte terre che potrebbero essere dedicate all’agricoltura. Tecniche e pratiche agricole sostenibili ce ne sono diverse ma al momento sono riservate ad una nicchia, i soliti “apripista” che a gran fatica portano avanti idee e pratiche sostenibili. Adottando queste pratiche si ridurrebbe anche il vergognoso spreco alimentare che nel mondo moderno di oggi vede, paradossalmente, persone che muoiono di fame ed altre che muoiono per l’opposto: il troppo, e a volte scadente, cibo.
Economia
L’eccessiva estrazione di materiali e il sovra-sfruttamento degli ecosistemi, guidati dalla crescita economica, devono essere velocemente ridotti se vogliamo mantenere la sostenibilità della nostra biosfera. Abbiamo bisogno di una economia a zero carbonio che esplicitamente indirizzi la dipendenza umana sulla biosfera, senza depredare. I nostri obiettivi hanno bisogno di spostarsi dalla crescita del PIL verso la sostenibilità degli ecosistemi e il miglioramento del benessere umano dando priorità ai bisogni di base e alla riduzione delle ineguaglianze.
Popolazione
Ogni anno ci sono 80 milioni di persone in più sulla Terra, più di 200mila al giorno. E’ chiaro a tutti che la popolazione mondiale si deve stabilizzare ed eventualmente ridursi. Ci sono già politiche efficaci che rafforzano i diritti umani e, al contempo, i tassi di fertilità, diminuendo gli impatti della crescita della popolazione sulle emissioni di gas serra e la perdita di biodiversità. Queste politiche mirano a rendere i servizi di pianificazione familiare disponibili per tutti, rimuovere le barriere al loro accesso e raggiungere la piena parità di genere, inclusa l’educazione primaria e secondaria come una regola per tutti, in particolare le ragazze e le giovani donne.
In definitiva, mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici comporterà grandi trasformazioni, alcune già in atto, altre che necessariamente il genere umano dovrà più volontariamente perseguire. Ma siamo certi che lo farà, l’alternativa è troppo pericolosa.
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