Il ritardo politico, istituzionale e culturale nella gestione dei fiumi, unito ad una endemica incapacità di affrontare per tempo e responsabilmente i problemi ambientali sono forse le principali cause per comprendere i mali dei nostri fiumi fotografati dal censimento WWF. Mali come la canalizzazione e la diffusa infrastrutturazione della rete idrografica, il consumo e l’impermeabilizzazione dei suoli, che dovrebbero essere lasciati all’esondazione naturale, la continua distruzione della vegetazione naturale che cresce lungo le sponde, i progetti di navigazione come ultima scusa per cavare sabbia e ghiaia dal letto dei fiumi, l’aumento e la diversificazione degli usi dell’acqua, fino ad usarla in maniera indiscriminata per la neve artificiale. A questo si aggiunga un devastante incremento dei piccoli impianti idroelettrici, incentivati con i fondi per le energie rinnovabili, soprattutto sull’arco alpino dove si tende a non 'perdere' un goccio d’acqua, a scapito del minimo deflusso vitale e con buona pace per chi sta a valle. Ma anche l’agricoltura, la florovivaistica e la zootecnia producono impatti ambientali estremamente pesanti ai corsi d’acqua e alle falde in molte parti del Paese, come nella media pianura padana tra l’Oglio, il Po e il Mincio o nella piana dell’Arno nel pistoiese. Gli eccessivi prelievi d’acqua per i differenti usi, spesso scoordinati tra loro hanno stravolto i regimi naturali dei corsi d’acqua, enfatizzando i fenomeni estremi (magre e piene) ai quali, recentemente, si sono aggiunte le conseguenze dei cambiamenti climatici. Nel rapporto appena ultimato dall’Agenzia europea per l’ambiente si conferma, infatti, come tra il 1998 e il 2009 i disastri naturali hanno causato in Europa poco meno di 100 mila morti, hanno colpito 11 milioni di persone e hanno prodotto danni per 150 miliardi di euro. I pesci italiani parlano troppe lingue
In questa generale situazione di vulnerabilità degli ecosistemi acquatici negli ultimi anni si è avuto un aumento delle specie alloctone (specie introdotte originarie di altre parti del mondo) di animali e piante che hanno ulteriormente contribuito ad impoverire la biodiversità originaria e ad alterare gli habitat. La 'lista rossa' delle specie di pesci italiane mostra una situazione allarmante un po’ per tutte, in particolare per lo Storione, lo Storione ladano e la Lampreda di fiume, che in Italia sono considerate praticamente estinte. Ma anche pesci apparentemente comuni come l’Anguilla, il Triotto, la Tinca, il Luccio, la Scardola e il Latterino da pochi anni sono considerati 'quasi a rischio' e sembrano proseguire il loro trend negativo anche dai dati raccolti dal censimento WWF. Di contro aumentano le specie aliene che, grazie alla vulnerabilità crescente degli ecosistemi fluviali e alle infelici immissioni, continuano a diffondersi: è il caso dell’Abramide, del Siluro, della Pseudorasbora, del Cobite di stagno orientale, che si sono aggiunte alle numerose già presenti e 'naturalizzate', come il Persico sole, il Persico trota, il Pesce gatto, la Gambusia, il Lucioperca, il Carassio, la Trota iridea e tanti altri. In totale gli studi identificano almeno 112 specie faunistiche alloctone, tra invertebrati e vertebrati, presenti nel nostro Paese. La 'costante' dei fiumi: le discariche
Un capitolo del dossier è poi dedicato alle discariche abusive di rifiuti ritrovate lungo tutti i tratti censiti. Solo sul Volturno ne sono stati rilevati 65, mentre sull’Agri (Basilicata) erano 51 i depositi di rifiuti, mentre 25 sul Sangro (Abruzzo) o 24 sull’Ofanto (Puglia). Dei tratti fluviali censiti dal WWF ben 12 sono interessati da depositi o presenza di eternit; nel fiume Volturno delle 65 discariche rilevate oltre la metà contenevano amianto. Per passare dal dissesto idrogeologico alla gestione responsabile dei bacini idrografici il WWF ha elaborato alcune proposte concrete. Rinaturazione: per trasformare 'bombe a orologeria' in ambienti sani e sicuri
Dove trovare i fondi
Al di là di un necessario aumento delle disponibilità da parte del Governo, si dovrebbero poter utilizzare molte risorse che sono presenti sul territorio e che già, in teoria, dovrebbero essere utilizzate per far fronte al dissesto idrogeologico o per favorire la riqualificazione dei bacini idrografici. Le principali sono quelle derivanti dai canoni per l’uso dell’acqua, che, sebbene spesso troppo bassi, derivano dalla produzione idroelettrica,dalle ’attività agricole, dalle concessioni per la captazione di acque minerali e termali, dalle concessioni dei diritti di pesca, dalle concessioni per il demanio idrico…. Solo da un uso intelligente e cootrdinato di queste risorse si avrebbero sufficienti risorse per un serio cambio di rotta. 5 buone pratiche per aiutare i fiumi, tutte da 'clonare'
Il WWF avanza una serie di proposte sulla scorta di una serie di esperienze e buone pratiche in atto tra cui: RIFORESTAZIONE DEL PO NEL MANTOVANO La Provincia di Mantova, dal 2007, ha attivato la forestazione a scopo ecologico e naturalistico delle zone di demanio idrico nelle golene del Po, anche a seguito delle proposte avanzate dopo il censimento WWF sul Po del 2001. I fondi occorrenti per piantumare i 1.000 ettari scopo del progetto derivano in buona parte da "10.0000 ettari di nuovi boschi e Sistemi Verdi multifunzionali della Regione Lombardia. Il primo intervento denominato "Isola Rodi" si è concluso nel 2009 con l'impianto di 60.000 piante su circa 50 ettari di superficie; i restanti interventi sono in corso di realizzazione e prevedono l'impianto di ulteriori 180.000 piante. E con la richiesta di concessione di altre aree, il progetto sta proseguendo, un patrimonio da lasciare alle generazioni future. DARE SPAZIO AL FIUME: IL PROGETTO SULL’ESINO NELLE MARCHE Il fiume Esino all’interno della Riserva Naturale oasi WWF Ripa Bianca è spesso soggetto da ripetute inondazioni che interessano prevalentemente i terreni agricoli limitrofi il fiume. Il progetto della Riserva, che rappresenta una delle più importanti zone umide delle Marche, per gestire le esondazioni prevede di trasformare i terreni agricoli in un’area dove il fiume possa scorrere liberamente ritrovando i suoi spazi naturali nei momenti alluvionali, potenziando così la funzionalità ecologica dell'area e riducendo il rischio per le zone più a valle. EDUCAZIONE AMBIENTALE LUNGO L’ANIENE Nel 2005 il WWF Lazio con il contributo e la collaborazione della Provincia di Roma, ha avviato un programma per la conoscenza e valorizzazione del fiume Aniene. Il progetto ha prodotto un programma di educazione ambientale per la conoscenza dell’ecosistema fluviale da parte delle scuole elementari con lo svolgimento di un laboratorio didattico lungo il fiume. Sono stati poi redatti due manuali di educazione ambientale, destinati ad insegnanti ed alunni da promuovere anche in altri comuni della media valle dell’Aniene, in cui sono riportate le testimonianze più interessanti dell’esperienza educativa condotta dai ragazzi di Subiaco. ECO-CERTIFICAZIONE EUROPEA DELL’IDROELETTRICO Il problema della diffusione indiscriminata dell’idroelettrico può, almeno in parte, essere affrontato da una certificazione che tenga conto dei bacini idrografici su cui insistono queste attività. Il progetto europeo CH2OICE, al quale partecipa il WWF Italia, promuove adeguati criteri per il “bollino verde” ai sistemi idroelettrici che rispettano il più possibile l’integrità del bacino idrografico in tutte le sue componenti ambientali. È stata così sviluppata, con il contributo di esperti provenienti da 5 paesi europei (Italia, Slovenia, Francia, Slovacchia e Spagna), una metodologia di certificazione tecnicamente ed economicamente fattibile per la produzione di energia idroelettrica che, da una parte, consenta ai produttori di verificare volontariamente la compatibilità dei loro impianti con il buono stato ecologico dei corsi d’acqua interessati, dall’altra, permetta agli enti pubblici e agli utilizzatori finali di verificare l’effettiva sostenibilità ambientale dell’energia prodotta. Il lancio ufficiale a livello europeo di questo marchio di certificazione avverrà il 25 febbraio a Roma (www.ch2oice.eu). CONSERVAZIONE DELLA TROTA MARMORATA NELL’ADDA Un programma di conservazione della trota marmorata è stato avviato già dal 1999 sul fiume Adda grazie alla collaborazione delle Province di Lodi, Cremona con l’associazione Spinning Club Italia ed altre associazioni locali. Dopo aver raccolto dati sulla popolazione e lo stato dell’habitat sono state realizzate azioni per recuperare le uova del pregiato pesce durante le asciutte invernali per farle sviluppare in incubatoi della Provincia e poi reintrodurre gli avanotti nel periodo adeguato . In questo modo èstato possibile salvaguardare un’importante popolazione di questa specie endemica del nord Italia