Secondo Achim Steiner l’agenda di Rio dovrà affrontare le seguenti priorità: istituire una significativa governance ambientale, con strutture autorevoli e forti, per attuare lo sviluppo sostenibile; disaccoppiare il benessere e la crescita economica dalla crescita fisica, ottenendo una riduzione della richiesta di materie prime ed energia per la produzione di beni e servizi, una riduzione dei danni ambientali conseguenti alla crescita economica e il declino del rapporto tra l’impronta ecologica dell’uomo e la biocapacità del pianeta (oggi pari a 1,5 con previsione di aumento), in modo che il nostro utilizzo delle risorse naturali del pianeta rientri nei limiti della loro capacità di rigenerarsi; infine, Rio + 20 deve occuparsi della definizione di nuovi indicatori di benessere per superare la ristrettezza e l’inefficienza del PIL. A questo proposito, è in preparazione un documento sulla ricchezza inclusiva che, sulla base dell’indicatore ‘Adjusted Net Saving’ della Banca Mondiale, sviluppa un indicatore della ricchezza nazionale che comprende non soltanto il capitale prodotto, il capitale umano e il capitale naturale, ma anche gli ecosistemi critici. Le conclusioni sono previste prima del Summit di Rio. “Anche l’Italia sta lavorando alacremente con un’iniziativa CNEL-ISTAT sui nuovi indicatori di benessere e progresso, per adeguare il nostro paese al grande dibattito internazionale in materia, al quale il WWF sta fornendo un contributo significativo – ha sottolineato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia e segretario generale della Fondazione Aurelio Peccei -. È necessario definire un nuovo sistema di indicatori che includano lo stato di salute degli ecosistemi, da approvare nella 68ma Assemblea Generale dell’ONU, integrare i costi ambientali nei parametri usati dagli indicatori nazionali ed internazionali per misurare lo sviluppo economico, e tenere conto in modo completo dell’inclusione sociale, dello stato di salute delle risorse naturali e degli ecosistemi e del loro ruolo per il benessere sostenibile dell’umanità”.
Sono dieci i settori chiave su cui secondo Steiner si deve investire il 2% del PIL globale annuale per avviare la transizione verso la green economy: 1. Agricoltura sostenibile:108 miliardi di dollari di investimenti 2. Efficienza energetica per l’edilizia:134 miliardi di dollari 3. Rifornimenti energetici:oltre 360 miliardi di dollari 4. Pesca sostenibile: circa 110 miliardi di dollari di investimenti, eliminando l’overfishing (il sovra sfruttamento degli stock ittici) e riducendo la capacità distruttiva delle flotte pescherecce 5. Foreste: 15 miliardi di dollari per gli ecosistemi forestali con l’ottenimento anche di importanti benefici per la lotta al cambiamento climatico 6. Industria ‘green’ (inclusa quella manifatturiera): oltre 75 miliardi di dollari 7. Turismo responsabile: circa 135 miliardi di dollari 8. Mobilità sostenibile: oltre 190 miliardi di dollari 9. Rifiuti (per esempio per il riciclaggio): circa 110 miliardi di dollari 10. Acqua (incluse le azioni per i servizi sanitari): circa 110 miliardi di dollari In particolare per il settore energetico, investire circa l’1,15% del PIL globale ogni anno nel settore dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili potrebbe ridurre la domanda di energia primaria a livello globale del 9% nel 2020, e fino quasi al 40% entro il 2050 con un aumento dei livelli occupazionali di 1/5 rispetto a quanto accadrebbe in un normale scenario commerciale, in quanto le energie rinnovabili dovrebbero raggiungere il 30% della quota della domanda primaria di energia globale entro la metà del secolo. Inoltre i risparmi in termini di capitale e di combustibile per la generazione di energia elettrica, nello scenario di un’economia verde, sarebbero in media pari a 760 miliardi di dollari l’anno tra il 2000 e il 2050. L'Italia: primi passi verso un'economia verde
Secondo Achim Steiner, in alcuni settori l’Italia ha abbracciato la transizione verso un’economia green. Il 33% delle piccole e medie imprese italiane sta adottando tecnologie finalizzate a ridurre l’impatto ambientale, e poco meno del 50% ha avviato investimenti nel fotovoltaico, o li sta valutando, stando a uno studio pubblicato lo scorso anno da Fondazione Impresa. L’Italia, che è già il secondo mercato al mondo per il fotovoltaico, ha prorogato al 2012 il suo regime di tariffe incentivanti e sta sostenendo attivamente l’espansione e la diffusione dei piccoli generatori eolici di potenza inferiore a 1Mw mediante una tariffa speciale. L’Italia è anche nella top ten dei paesi del mondo con il maggior numero di ettari di terreno coltivati con metodo biologico, seguendo di poco la Cina, e quasi al pari con la Germania. Leggi la nota di approfondimento